Esportazione : Frédéric, campione europeo

Suppongo non sia stato semplice creare una casa editrice qui…
F. T.: Il mondo dell’edizione in Giappone non è molto diverso da quello europeo. La principale differenza sta nel fatto che se si vogliono vendere libri attraverso l’intermediazione di un distributore, bisogna aprire un conto presso di lui, il che non è facile poiché occorre dimostrargli di essere sufficientemente forti per farlo. Quando ho cominciato, non conoscevo nulla dell’edizione e mi sono avvalso dell’appoggio di un altro editore. Asuka Shinsa ha accettato di distribuire i miei libri. Egli non interviene sulle decisioni editoriali ma mi aiuta a vendere i volumi in cambio di una percentuale. Concludendo, lanciarsi sul mercato giapponese, in particolare in qualità di editore indipendente, è piuttosto costoso, ma rimane un ambiente sicuro. In un certo senso, la mia ignoranza nel settore si è rivelata un vantaggio. Se avessi saputo degli ostacoli che avrei incontrato, probabilmente avrei rinunciato. Ma l’ho fatto, e ha funzionato.

E in Europa come funziona?
F. T.: Come suggerisce il nome dell’impresa, tutti i miei autori sono europei. Attualmente pubblico specialmente autori francesi, ma all’inizio ho lavorato con numerosi autori di origine italiana, spagnola, belga ecc., pubblicati o residenti in Francia. Oggi, il titolo che realizza le migliori vendite è Blacksad, l’opera di due autori spagnoli, Juan Díaz Canales et Juanjo Guarnido. Per ora non pubblico storie originali: tutti questi fumetti sono già stati pubblicati in Francia. Scelgo ciò che credo essere più adatto al pubblico giapponese, acquisto i diritti e mi occupo della traduzione.

Blacksad è il suo best-seller in Giappone. In media, quante copie vendete?
F. T.: Tra le 4000 e le 7000 copie, è un discreto record per un titolo straniero.

Su più fronti, il Giappone appare come un mercato chiuso. Gli appassionati di musica e di film, ad esempio, non sembrano molto interessati alle produzioni estere…
F. T.: È vero. Ma esiste una grande differenza tra l’industria della musica o del cinema, e quella del fumetto. La musica e i film giapponesi non hanno molti sbocchi al di fuori dei confini nazionali. Dal momento che la loro qualità non è sempre eccelsa, l’attitudine è quella di creare delle condizioni di tipo protezionista. Non c’è apertura verso l’esterno e ci si rivolge volentieri verso il mercato interno. Per quanto riguarda i fumetti, invece, l’industria giapponese domina letteralmente il mondo e la qualità media dei manga è talmente alta che possono venire esportati ovunque. Il loro impegno verso la perfezione è ineguagliato in Europa o in America. Gli editori sono profondamente implicati nei processi di creazione e di produzione. L’industria dei manga, quindi, non è affatto chiusa: è forte e solida al punto di non temere la concorrenza che viene dall’estero. D’altra parte, le produzioni giapponesi sono molto diverse da quelle francesi o europee.

In che senso?
F. T.: L’oggetto stesso è diverso. I fumetti francesi sono a colori, il che è possibile dal momento che un fumetto conta in media 50 pagine. I manga giapponesi contano da 100 a 200 pagine, sono in bianco e nero e hanno soltanto qualche pagina a colori all’inizio. I fumetti occidentali, poi, si concentrano sullo sviluppo della storia, spesso trascurando lo sviluppo dei personaggi. Il nostro ritmo di lettura è più lento, il lettore si concede il tempo di ammirare ogni disegno, ma al tempo stesso c’è un certo grado di distacco dalla storia. I manga, al contrario, coinvolgono incredibilmente il lettore, che viene trascinato dalla vicenda narrata. C’è molta più implicazione emotiva. È come essere portati via dalla corrente.