Ricordi : Yokoo, Oshima e gli altri

Nella seconda metà degli anni sessanta ha avuto l’occasione di lavorare con importanti personalità dell’avanguardia giapponese, come Oshima Nagisa, Terayama Shuji e Kara Juro. Come li ha incontrati?
Y. T. : Il mio primo incontro avvenne nel 1962 con il fotografo Hosoe Eikoh. Avevo sentito dire che aveva realizzato una collezione di ritratti di Mishima Yukio, uno dei miei idoli. Con la mia ingenuità giovanile mi sono recato nel suo studio domandandogli di lasciarmi disegnare il libro che sarebbe diventato Ordeal by Roses. Ovviamente non ebbi il lavoro, ma dopo poco Hosoe mi richiamò per dirmi che Terayama stava lavorando ad una commedia musicale e voleva che io ne realizzassi l’affiche. Il progetto non è partito, ma mi sono avvicinato a Terayama e questo episodio ha segnato l’inizio del nostro sodalizio professionale e personale. Anche se non ci vedevamo, ci telefonavamo, ogni giorno. Qualche tempo dopo ho incontrato anche Kara mentre bevevo un caffè con Terayama negli uffici della catena televisiva TBS. Kara era di poco più giovane di me, di lui non sapevo nulla. Mi ricordo il suo viso liscio, bambinesco, assomigliava a Momotaro (eroe popolare del folclore giapponese dalla pelle di pesca). Poco tempo dopo mi ha chiesto di concepire  il dépliant della sua nuova pièce, ed è così che finalmente ho realizzato l’affiche di Ai no kojiki (John Silver, The Beggar of Love) e altri progetti per il suo teatro di situazioni. Ovvero, prima ho incontrato Terayama, ma ho cominciato a lavorare con Kara prima di fare qualsiasi cosa con lui. Infine Tanaka Ikko, più anziano di me nell’azienda, mi disse che il ballerino di buto Hijikata Tatsumi cercava qualcuno per fare la locandina per il suo spettacolo. Tanaka era nel periodo modernista, e considera il suo stile poco adatto per il butô, per questo me lo ha rifilato. In definitiva posso dirti che tutte queste opportunità lavorative sono legate a delle relazioni umane, e questi stessi legami con le persone si sono consolidati lavorando insieme.

Visto che sta evocando l’aspetto umano, come paragona la sua collaborazione con Kara e Terayama ?
Y. T. : Terayama Shuji era estremamente intelligente e molto dotato nella gestione dei rapporti umani, scriveva molto velocemente e produceva un copione dietro l’altro. Quando ne aveva terminato uno mi spiegava esattamente cosa voleva da me in maniera così esaustiva che non c’era null’altro da aggiungere. Era piuttosto noioso lavorare su questi progetti, Kara era parecchio originale, parlava già di una nuova pièce prima ancora che il soggetto della precedente fosse completato. Quando gli chiedevo“Come caspita me la sbrigo?”, a quel punto lui provava a sviluppare le idee che gli attraversavano la mente. Era molto intuitivo e impulsivo, tanto quanto Terayama era logico. Kara aveva un approccio fisico, quasi animale verso la materia, era difficile per lui tradurre quelle sensazioni in parole. Dovevo fare uno sforzo supplementare per collegare gli elementi tra di loro, uno sforzo che mi consentiva di fare dei lavori migliori per Kara piuttosto che per Terayama …Scusa Shuji (ride).

Cosa può dirci su Hijikata ?
Y. T. : Era davvero qualcosa di unico! (ride) Ascoltandolo non si era neanche certi che parlasse davvero giapponese, per me sembrava arabo. Lavoravo sul progetto non sapendo minimamente quello che lui si aspettava da me, ma in un modo o nell’altro, alla fine era sempre soddisfatto del risultato. “Yokoo-san, nessuno mi capisce come te”, mi diceva “Ma come fai?”.

So che lei è un grande ammiratore di Mishima Yukio.
Y. T. : Certo! L’ho conosciuto qualche anno dopo, nel 1965, era una star rispetto a noi, mi ha contattato quando si è lanciato nel kabuki e nel bunraku. Il suo metodo era ancora diverso rispetto a quello degli altri. Mi faceva una testa così sulla locandina che aveva in mente e poi mi diceva però che ero libero per il resto! In realtà, non molto…Mi stava col fiato sul collo, questo atteggiamento mi infastidiva.