Il regno del pallone ovale è qui!

L’incredibile vittoria giapponese sulla squadra del Sudafrica nel 2015, sulla copertina del Sunday Times. / The Sunday Times

La città portuale diventò il luogo di riferimento per i giapponesi interessati a scoprire le novità giunte dall’estero. È qui che il commodoro Perry, venuto a reclamare l’apertura dei porti nipponici al commercio internazionale, presentò a una folla stupefatta il primo treno in miniatura. Fra i regali portati dall’americano fu quello che “impressionò maggiormente i Giapponesi”, scrisse uno dei membri dell’equipaggio sul suo diario. “Decine di giapponesi erano riuniti attorno al circuito e non si stancavano di osservare il trenino compiere i suoi giri. Non potevano reprimere dei gridi di gioia ogni volta che la locomotiva emetteva un fischio sonoro”. Se si analizza da vicino l’immagine pubblicata sulla rivista britannica, si può notare lo stesso appassionato interesse da parte del pubblico nipponico in abiti tradizionali verso la partita di rugby giocata dai membri dello Yohohama Football Club, esistente in città almeno fin dal 1866, secondo certi archivi.
Un articolo apparso in quell’anno sul Japan Times indica che “più di quaranta persone hanno manifestato il desiderio di sostenere il Football Club. Inoltre, la presenza di due o tre giocatori originari di Rugby e di Winchester, permettono di credere che saremo in grado di giocare secondo le regole”.
Il riferimento alla città di Rugby, dove William Web Ellis, un giorno del 1823, decise di correre col pallone fra le braccia, dimostra che lo Yohohama Football Club è davvero una squadra di rugby.
Queste due prove provenienti dalla stampa rimettono in discussione la storia ufficiale, che vorrebbe che la pratica del pallone ovale fosse giunta in Giappone grazie a Edward Branwell Clarke ed al suo omologo giapponese Tanaka Ginnosuke. I due avrebbero introdotto il rugby all’università di Keio nel 1899, ossia 25 anni dopo il match commentato da The Graphic e 33 anni dopo la creazione dello Yokohama Football Club. Come sottolinea con malizia Mike Galbraith, specialista dell’argomento e autore della prima storia del rugby in Giappone, opera pubblicata nel 1987, tutto è avvenuto addirittura prima della nascita dei due eroi del rugby nell’arcipelago.
Altre testimonianze giunte dalla stampa locale accreditano il fatto che il rugby fosse praticato regolarmente e che, di conseguenza, i giapponesi non abbiano scoperto il gioco alla fine del XIXo secolo, ma siano stati al contrario dei pionieri nel suo sviluppo. Certo, il suo successo non è stato folgorante come per altre discipline sportive straniere scoperte all’epoca, a cominciare dal baseball, la cui prima partita venne giocata nel 1873 alla Kasei Gakko, diventata in seguito l’università di Tokyo.
La creazione du un campionato professionista nel 1934 all’iniziativa del guru della stampa Shoriki Matsutaro, permise di cambiare radicalmente il destino di questa disciplina e di far nascere le prime star sportive. Il rugby rimase confinato all’ambiente universitario e a quello delle imprese. Un destino simile lo ebbe il football finché, agli inizi degli anni Novanta, la professionalizzazione dello sport determinò una svolta fondamentale, accompagnata da un forte aumento della popolarità.
L’esempio del calcio e del suo successo devono oggi interrogare i responsabili del rugby nipponico, alla ricerca di un nuovo slancio nel momento in cui la squadra nazionale, i “Fiori di ciliegio”, comincia a raggiungere risultati interessanti. La vittoria dei giapponesi 34 a 32 sui sudafricani durante la Coppa del Mondo 2015, ha valso non soltanto l’ammirazione dei fan di rugby di tutto il mondo, ma soprattutto ha permesso ai giapponesi di risvegliare la fierezza nazionale, importantissima per un Paese desideroso di esistere sulla scena internazionale. Diventando un Paese potente sul piano sportivo, come ha ancora dimostrato quest’anno in occasione della Coppa del Mondo di calcio in Russia, il Giappone si impone così come un punto di riferimento incontestabile nell’opinione pubblica mondiale. Il rugby è importante poi perché viene considerato come lo sport delle élite. D’altra parte, è uno sport i cui valori coincidono molto bene con lo spirito nipponico.
Resta ora da confermare la sua importanza. La Coppa del Mondo 2019 dovrebbe essere la buona occasione per il rugby giapponese di ottenere il rango meritato e di conquistare definitivamente il pubblico locale. L’audience televisiva della squadra nazionale rimane modesta se paragonata a quella delle partite di calcio. Dopo la vittoria del 2015 sul Sudafrica, il livello di audience dei « Fiori di ciliegio » arrivò al 19% circa, mentre quella ottenuta dalla squadra nazionale di calcio durante i Mondiali in Russia, superò durante certe partite il 55%.
Naturalmente un successo ottenuto da una squadra importante, come avvenuto nel 2015, sarebbe un’ottima cosa e permetterebbe di aprire un nuovo capitolo nella storia del rugby giapponese, storia iniziata un secolo e mezzo fa all’ombra del monte Fuji, come lo ricorda l’illustrazione apparsa su The Graphic. L’appuntamento quindi è per il 20 settembre 2019 a Tokyo per i Mondiali: la partita Giappone-Russia rivelerà le ambizioni nipponiche, certamente molto elevate. Odaira Namihei