Storia : Dall’ombra alla luce

La chiesa di Oe è stata costruita nel 1933 sotto l’egida di padre Ludovic Garnier. / Odaira Namihei per Zoom Giappone


L’assedio si concluse qualche mese più tardi con una bruciante sconfitta per i cristiani e l’uccisione della gran parte dei capi della ribellione. Questa rivolta conosciuta con il nome di Shimabara fu il seguito di numerose esecuzioni commesse per ordine del potere degli shogun, come testimonia, a qualche passo dal Museo dei Cristiani di Amakusa, la “stele dei 1000 martiri” eretta nel parco che porta lo stesso nome e domina la città.
Proprio qui sorgeva il castello di Hondo, antico feudo del daimyo cristiano Konishi Yukinaga, sconfitto nel corso della famosa battaglia di Sekigahara (1600) che aveva permesso a Tokugawa Ieyasu di incrementare la sua importanza e imporre in seguito il rifiuto dell’influenza cristiana.
Come in altre parti dell’arcipelago, questa politica anti-cristiana si è rafforzata dopo il 1638. Malgrado le persecuzioni di cui erano vittime, i fedeli hanno continuato a praticare la loro religione di nascosto, da qui il nascere dell’espressione kakure kirishitan (Cristiani nascosti). Se ci si reca al Museo del rosario (1749 Oe, Amakusa-machi; aperto dalle 8h30 alle 17h00, 300 yen) nei paraggi della chiesa Oe, fatta costruire in gesso bianco nel 1933 dal sacerdote Ludovic Garnier, si può scoprire l’ingegnosità messa in opera dai fedeli perseguitati, capaci di creare piccole stanze segrete per pregare o di fabbricare statuine della Vergine sotte le sembianze di Kannon, dea della misericordia nel buddismo giapponese, stratagemmi utili a non farsi prendere e torturare. A Sakitsu, presso il santuario Suwa che domina la chiesa costruita nel 1934 -metà in legno, metà in cemento, per via della mancanza di fondi – i Cristiani obbligati a rendersi regolarmente, per non svelare la loro vera fede, salmodiavano “Anmenriyusu”, deformazione di “Amen Deus”. In questo modo non attiravano l’attenzione. Per più di due secoli, i Cristiani di Amakusa hanno dovuto far prova di ingegno. L’iscrizione di questi siti alla Lista del Patrimonio Unesco permette di mettere finalmente in luce la loro storia tragica, che la popolazione locale difende vigorosamente. Il ristabilirsi della libertà di culto nel 1865 permise il ritorno dei missionari stranieri, fra i più importanti figuravano dei Francesi provenienti dalle Missioni Straniere di Parigi, quali padre Ludovic Garnier a Oe, o padre Augustin Halbout a Sakitsu. Se il ricordo delle persecuzioni ha mantenuto per molto tempo viva la paura nella gente locale, oggi, i credenti cattolici non si nascondono più. Le chiese dove ci si scalza e ci si siede sui tatami sono piene durante le messe e, nelle vie di Sakitsu, si possono scorgere, levando il naso in su, delle statuette della Madonna che fanno capolino dietro numerose finestre. All’ingresso del porto è stata eretta una grande statua della Vergine. Protegge i pescatori che la salutano ad ogni loro passaggio. Questo non impedisce loro di partecipare ai matsuri (feste locali) ampiamente ispirati dallo scintoismo. A Sakitsu, dove oggi le tre religioni convivono in armonia, prima che l’attuale chiesa fosse costruita, l’antico luogo di culto cristiano sorgeva a fianco del santuario Suwa, come testimonia la presenza di una croce e di alcune statue della Madonna. Sotto il cielo blu di Amakusa, le religioni hanno fatto la pace.

Odaira Namihei

Riproduzione di una stampa Gutenberg al museo del rosario di Oe. / Odaira Namihei per Zoom Giappone