I musei di Hokkaido sono forse il modo più semplice per entrare in contatto con gli Ainu e la loro cultura. Nibutani ospita due importanti musei di storia dei nativi giapponesi, tra cui quello fondato dall’attivista Shigeru Kayano, il primo Ainu ad essere eletto nella Dieta nazionale. Shiraoi, non distante da Sapporo, e Akan, a due ore di pullman da Kushiro, sono i due più importanti siti turistici Ainu. Qui, il turismo a tema indigeno era già popolare negli anni ‘50. Gli abitanti di Shiraioi e Akan hanno ricostruito i Kotan, i villaggi tipici degli Ainu. Dentro alle case in paglia intrecciata, chiamate Cise, gli Ainu si esibiscono in balli e canti tradizionali e intagliano souvenir per gruppi turistici giapponesi e stranieri. Il museo di Porotokotan si appresta a diventare un’istituzione nazionale e prevede di raggiungere il milione di visitatori entro il 2020. Per molti Ainu il turismo è l’unico mezzo per diffondere la propria cultura. Alcuni però criticano queste pratiche perché trasformano l’identità ainu allo scopo di compiacere i turisti. Altri hanno un approccio del tutto diverso: è il caso di Oki Kano, una delle figure più interessanti del panorama musicale contemporaneo Ainu. Abile suonatore di Tonkori, lo strumento tradizionale, Kano sperimenta liberamente altre forme sonore; da solo o con la sua Oki Dub Ainu Band, ha registrato numerosi album, è apparso nelle TV nazionali e ha organizzato tour oltremare.
La cultura Ainu influenza profondamente i villaggi e le comunità in Hokkaido. “Che tu sia o no un Ainu, questo villaggio è un villaggio ainu. Quelli che vivono qui non possono scegliere se essere o non essere Ainu”. Secondo Maki Kaizawa, donna ainu di Nibutani, anche i non-Ainu, o Wajin, hanno assorbito in modo naturale lo stile di vita nativo. Diversi Wajin arrivano ad Hokkaido per imparare a vivere come gli indigeni. Jun, un giapponese di Tokyo, si è trasferito a Nibutani e ha formato una famiglia. Lui, come molti altri, ha lasciato la città all’indomani del disastro nucleare di Fukushima. Sognava una nuova vita, più vicina alla natura, e l’ha trovata nel modo di vivere degli Ainu. Tra i primi Wajin ad unirsi alla comunità dei nativi ci sono i Takano, arrivati a Nibutani negli anni ‘60 per diventare abili artigiani ainu. Si sono integrati a tal punto che sono stati l’ultima famiglia del villaggio a praticare il sacrificio rituale dell’orso, lo Iomante, con la partecipazione di tutto il villaggio.
lo Iomante è un rito complesso e non più praticato. Implicava l’adozione e il successivo sacrificio di un cucciolo d’orso. L’orso era inizialmente allevato come un membro della famiglia: gli veniva dato un nome e veniva trattato come uno dei bambini. Prima che diventasse adulto veniva sacrificato per “rimandare il suo spirito” nel mondo degli dei. L’orso veniva ucciso con frecce e successivamente scuoiato e mangiato. Il suo teschio era adornato e piantato su una lancia. L’intero villaggio di Nibutani ha partecipato al sacrificio di Ponta-chan, il cucciolo dei Takano. Il teschio di Ponta è ora in mostra in uno dei musei di Nibutani.
Nibutani, Shiraoi ed Akan potrebbero sembrare villaggi piccoli ed isolati, ma non solo sono importanti siti della storia e della cultura ainu, ma sono anche ben connessi con il resto del mondo indigeno. Gli Ainu di tutto il Giappone si conoscono tra loro e sono in costante dialogo, dibattito, talvolta anche contrasto sui temi dell’attivismo politico e culturale. Condividono le loro conoscenze ed attività tanto attraverso un’estesa rete di social media, quanto con eventi ed iniziative locali. Alcuni gruppi Ainu hanno stabilito contatti con altre comunità indigene del mondo, organizzando scambi culturali con gruppi Maori e di nativi americani. Non ci sono più frontiere, il piccolo Kotan Ainu è diventato un villaggio globale.
Laura Liverani