Dall’epoca in cui fu uno dei centri culturali di Tokyo, il quartiere di Shinjuku ha conosciuto dei profondi cambiamenti.
Dopo aver passato i primi venticinque anni a Tokyo, posso affermare più che mai che sono davvero innamorato di questa città. Per la sua quantità di luoghi eccitanti e dinamici la capitale non ha eguali. Tuttavia, e me ne dispiace, il solo punto negativo rispetto a Parigi, Londra o Roma, è la debolezza del suo patrimonio urbanistico e architettonico. Dopo essere stato distrutto ben più di una volta a causa di catastrofi naturali o per cause umane, non restano che poche testimonianze del suo passato; ossia il periodo, relativamente recente, del dopoguerra.
Shinjuku stessa non è stata risparmiata: il 90 % della zona attorno alla stazione è stato rasato al suolo dai raid aerei americani che hanno colpito Tokyo tra il maggio e l’agosto 1945. Ciò nonostante, il quartiere ha conservato la sua rete ferroviaria di prima della guerra. Cosa ancora più incredibile, benché delle ampie zone di Shinjuku siano completamente cambiate nel corso degli ultimi sessant’anni, alcuni dei luoghi più caratteristici sono sopravvissuti al suo sviluppo urbano sfrenato.
Cominciamo con la piazza situata di fronte all’uscita Est della stazione. Ed è qui che si trovano le più antiche reliquie di Shinjuku. Oggi essa viene chiamata Minna no izumi (La fonte di tutti), ma quando Londra la offrì a Tokyo, all’inizio del XX° secolo, l’avevano battezzata Basuiso (riserva d’acqua per cavalli) poiché serviva sia agli uomini che agli animali. Attualmente esistono solo tre fontane così al mondo, tra cui questa dietro la stazione, che si intravede anche in una rara scena a colori del film Diario di un ladro di Shinjuku (Shinjuku dorobo nikki) realizzato nel 1968 da Oshima Nagisa.