La zona più vicina alla stazione di Shinjuku ha conservato durante alcuni decenni la sua struttura originale, mentre il quartiere caldo di Kabukicho è uscito dalla guerra in uno stato così devastato da dover essere soggetto ad una completa ricostruzione.
Nel centro, circondato da piccoli bar, si trovava il Shinjuku Art Village, un piccolo teatro consacrato alla danza buto. Poiché i proprietari non pubblicizzavano affatto gli spettacoli, c’erano generalmente non più di dieci persone ad assistervi, compreso qualche ubriaco arrivato lì per caso.
Inutile aggiungere che non è durato a lungo. Si è trasferito a Meguro nel 1974.
Nulla evoca un’atmosfera più nostalgica del tram. A Tokyo purtroppo la maggior parte della rete di tram (181 km) è stata smantellata a partire dal ’67 e poi dal ’72 a causa di problemi finanziari e del forte aumento del traffico automobilistico.
A Shinjuku, il tram ha smesso di funzionare nel 1970. Quattro anni dopo un tratto di rete a forma di S a est di Kabukicho è stata trasformata in una passeggiata detta il cammino delle quattro stagioni (Shinjuku yuhodo koen shiki no michi): una bella distesa verde che conduce al centro culturale locale. Il sentiero costituisce la frontiera occidentale di Golden Gaï, una zona incredibilmente esigua con circa 200 piccoli bar e club sotto forma di baracche.
Conosciuto all’origine con il nome di Yoshiwara, in riferimento al quartiere dei piaceri dell’antica capitale Edo, rimpiazzò il sesso con l’alcool quando la prostituzione divenne illegale nel 1958 ; nel 1968 attirò una folla variopinta di artisti, musicisti attori giornalisti e altri intellettuali.
Negli anni ottanta, i bar decrepiti sono diventati il bersaglio dei clan yakuza, i quali hanno cercato più volte di incendiarli per permettere ai loro affiliati di acquistare i terreni; per fortuna il piano delinquenziale è fallito, grazie a volontari che che hanno salvato i locali facendo turni anche di notte. Attualmente Golden Gaï è ancora splendente e interessante, benché abbia perso un po’ della sua allure mitica e un po’ dura (ora molti bar accolgono gli stranieri dichiarando con fierezza scritta sulla porta “nessun costo per sedersi”), ma è probabilmente l’unico luogo a Tokyo in cui rivivere la città come era alla fine della guerra. In effetti molti bar e locali sono lì da oltre cinquanta anni.
Per trovare l’opposto, non solo geograficamente, del Golden Gaï, bisogna raggiungere l’altro lato della stazione. Fino al 1968 c’era un’enorme buca a ovest di Shinjuku, il centro di trattamento delle acque di Yodobashi. Inaugurato alla fine del 1898, rappresentò la prima opera idrica moderna nel Giappone, con una capacità di 140.000 metri cubi d’acqua al giorno. La fabbrica si è ingrandita con gli anni, per soddisfare la domanda crescente di acqua potabile, fino alla sua chiusura, circa cinquant’anni fa. Mi sarebbe piaciuto poterlo vedere con i miei occhi… Oggi questo “buco” è stato sostituito da una foresta di grattacieli! Molti degli edifici più alti e conosciuti della città si trovano qui, tra cui il palazzo del governo metropolitano di Tokyo disegnato da Tange Kenzo, la torre Mode Gakuen Cocoon dal design sorprendente fino a Park Hyatt Hotel, reso celebre da Sofia Coppola nel suo film Lost in translation (2003).
Gianni Simone