“Ciò che è interessante, è che una bottiglia può avere più volti. Siamo noi a dover estrarre le diverse potenzialità contenute in un solo sakè”, afferma. Ci tiene poi a spiegare che esiste una forma di vetro specifica per ogni tipo di vino, non è tuttavia un’abitudine quella di variare i bicchieri nel corso delle degustazioni a meno che non si sia professionisti specializzati in questo savoir faire. Si ha tendenza a credere che una sola forma sia adattata a un certo vino. Per il sakè, sono possibili diverse forme. Miyashita propone di degustare la stessa cuvée in coppelle differenti per rendersi conto concretamente delle differenze.
Questo non vuol dire che sia necessario essere esperti per poter apprezzare le diverse sfumature di gusto. Potete divertirvi a fare una prova con una bottiglia di sakè che avete in casa, e con i diversi bicchieri che possedete. Secondo Miyashita è bene conoscere i punti seguenti:
• I vini contengono da 4 a 5 volte più di acidità rispetto al sakè, ecco perché i bicchieri da vino hanno spesso una foggia che permette loro di attenuare l’acidità e far emergere più rotondità. Se un sakè viene bevuto in un bicchiere da vino, può perdere la sua acidità e risultare più dolce.
• Se la coppa è aperta, l’acidità sarà più intensa, se la coppa è invece a forma di pera, sarà la dolcezza a emergere per prima. Si può provare a bere il sakè in un bicchiere del tipo Martini.
• I sakè di tipo nama possono resistere a questa tendenza naturale.
• Si può creare l’abbinamento pietanze-vino-sakè con bicchieri da vino. In questa situazione, la mancanza di acidità del sakè può essere gradevole per riposare le papille affaticate dall’acidità del vino. Si può servire ad esempio un sakè dopo un bianco, prima di passare al rosso.
• Per i vini, il naso è più importante mentre per il sakè, il fukumika (“profumo imprigionato nel palato”) una volta che il liquido ha toccato il palato o il kaerika (“profumo di ritorno”) ovvero la sensazione retro-olfattiva nel naso e nella bocca una volta bevuto, sono elementi da prendere in considerazione durante la degustazione.
Una volta che avete avvertito la metamorfosi del sakè nei bicchieri che avete a casa, potete acquistare una coppa tradizionale giapponese e continuare l’avventura. In Giappone, potete comprarne nei negozi o nelle gallerie di utsuwa (stoviglie giapponesi), ma avrete anche la possibilità di trovarne nei mercatini delle pulci.
Le regole che valgono per i bicchieri da vino si applicano anche qui: con una coppa aperta, sentirete maggiormente l’acidità del sakè mentre con una coppa più chiusa, verranno più apprezzati l’umami e la dolcezza. Se cercate il buon equilibrio, scegliete una forma di coppa né troppo aperta, né troppo chiusa. Avrete poi la scelta fra le ochoko (piccole coppe), o le guinomi (coppe grandi) o potrete persino utilizzare una sobachoko (coppa impiegata per contenere la salsa tsuyu per i soba).
Visto poi che le coppelle sono più piccole rispetto ai bicchieri da vino, non si versa direttamente il sakè dalla bottiglia. Esistono diversi strumenti per questo gesto, come il tokkuri, l’ ochôshi, o ancora il katakuchi (dotato di un beccuccio), che possono contenere 160-180 ml di liquido e nei quali si travasa il sakè prima di servirlo nelle coppe. I tokkuri e gli ochôshi sono utilizzati per riscaldare il sakè a bagnomaria. Anche in questo caso, se il recipiente è in stagno o in alluminio, si può avvertire un’importante acidità, mentre se è in ceramica, il gusto diventa più dolce. La porcellana è un equilibrio fra i due. Esistono poi dei servizi di ochoko e tokkuri con gli stessi motivi e composti dalle stesse materie. Si può scegliere liberamente una coppa che ci piace e portarla con sé, quando si viaggia ad esempio, un’usanza chiamata “my ochoko”. Dei servizi di ochoko con le loro custodie sono disponibili per chi vuole avvicinarsi al mondo del sakè.