Rapidamente, hanno cercato di ampliare il campo della cultura popolare. Dopo i manga e l’animazione, la cucina (washoku) sarebbe diventata il nuovo obiettivo dell’amministrazione nipponica. L’interesse mostrato dagli stranieri verso le specialità giapponesi è stata così l’occasione per mettere in valore la produzione agricola nazionale in un momento in cui quest’ultima soffriva di numerose difficoltà.
D’altra parte, la necessità di distinguere chiaramente i “veri” ristoranti giapponesi dai “falsi” – e ce ne sono molti – ha condotto il governo a creare un label. Una maniera di appropriarsi di una tendenza che si era manifestata senza che le autorità ne fossero all’origine.
La moda della cucina giapponese è, – ricordiamolo – giunta dall’America del Nord con l’entusiasmo dei consumatori americani per il sushi, negli anni 1980-1990. Con l’ottenimento dell’iscrizione del washoku nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2013, le autorità giapponesi sono riuscite, in qualche sorta, a raggiungere l’obiettivo desiderato.
Ecco perché oggi si sono lanciate nella promozione del sakè nel mondo. Non soltanto questo permette di trovare nuovi sbocchi commerciali a un prodotto in difficoltà nell’arcipelago da diversi decenni; la valorizzazione del sakè consente anche di creare una nuova “icona di influenza” non trascurabile.
Dopo aver mancato il business del whisky, che non ha avuto bisogno di aiuti istituzionali per sedurre il mondo intero, era necessario riscattarsi con un altro prodotto. E non esisteva miglior candidato del nihonshu, dal momento che il sakè rappresenta l’essenza della cultura ancestrale giapponese.
Quando si sa a che punto il vino costituisca uno strumento di influenza per la Francia, si può capire perché il governo giapponese abbia fatto del sakè una delle sue priorità. Questa strategia non si limita all’Europa, ma punta a espandersi in tutto il mondo. A metà settembre scorso, l’ambasciata giapponese in India ha organizzato a Nuova Delhi per il secondo anno consecutivo, una degustazione di nihonshu. Come spiega il giornalista del Times of India presente all’evento, l’edizione di quest’anno è stata più importante di quella tenutasi nel 2017.
“La promozione in India è conforme agli sforzi che puntano a rafforzare la presenza del Giappone nelle abitudini degli indiani”, aggiunge.
Oggi, l’India è in Asia uno degli alleati più importanti del Giappone di fronte alle ambizioni del mercato cinese. Diventa quindi essenziale valorizzare l’immagine del Paese. Per questo obiettivo il sakè è un elemento molto utile, essendo “un punto d’ingresso per la comprensione della cultura giapponese”, come conferma il giornalista indiano.
Da Singapore a Melbourne, in Australia, nel mese di giugno e a San Francisco in settembre, il mondo vive ormai al ritmo dei saloni dedicati al sakè, dove i produttori nipponici vengono a presentare le loro produzioni e a contribuire di conseguenza al prestigio e all’immagine del loro Paese.
Così come il manga, che ha visto l’interesse di generazioni di autori stranieri ispirarsi a quest’arte pop tipicamente nipponica, (tra cui il francese Tony Valente), così il sakè suscita ora il medesimo entusiasmo, dimostrando quanto la cultura giapponese si sia imposta al di fuori delle frontiere dell’arcipelago.
Questo desiderio di imitazione traduce a qual punto la cultura giapponese si è imposta nel nostro quotidiano. Se l’India non si è ancora lanciata nella produzione di sakè, l’Europa ha già al suo attivo diversi esempi. Si può citare la Norvegia, dove il produttore di birra Nogne O si è lanciato nel sakè nel 2010; o la Spagna dove la Kensho Sakè esiste dal 2015. Il numero di iniziative in questo settore cresce in tutta Europa. In Francia, Hervé Durand ha creato, nel 2016, Kura de Bourgogne a Vendenesse-lès-Charolles, in Saône-et-Loire. Si tratta di bevande e condimenti giapponesi “secondo la tradizione della Borgogna”, come suggerisce la descrizione del loro sito internet.
Si può citare inoltre l’esempio dell’Inghilterra con la fabbrica Dojima, ospitata in un castello del XVIII secolo, nelle vicinanze di Cambridge, o ancora la ditta Kanpai, a Londra, la cui parola d’ordine è: “Japanese traditions, London style”. Non c’è alcun dubbio: il sakè costituisce davvero uno strumento d’influenza non trascurabile per il Giappone.
Odaira Namihei
Mondo : Una nuova importante icona
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