A sud di Tokyo, l’isola vulcanica suscita la curiosità dei viaggiatori per le sue bellezze marine e per la sua ricchezza culturale.
Improvvisamente, il fischio acuto della sirena del traghetto scuote l’aria. I passeggeri si alzano e si danno da fare per radunare i loro bagagli prima di imboccare l’uscita. La notte che li separa dalla partenza dalla baia di Tokyo, trascorsa tra gli scossoni dovuti alle onde, è già dimenticata. Dal ponte, si vedono, oltre il blu profondo del Pacifico, i due vulcani dell’isola di Hachijo, capolinea del viaggio.
Situata a 300 chilometri a sud della capitale, quest’isola vulcanica a forma di otto è una destinazione in voga per i turisti. Ne accoglie attualmente 80.000 all’anno. Vengono in massa soprattutto d’estate per approfittare del mare color cobalto e del pesce fresco. Il dedalo di viuzze ornate di fiori d’ibisco, le scogliere degne del set di Jurassic Park e le onde che si infrangono sugli scogli fanno dimenticare che l’isola è amministrata dal municipio di Tokyo. Si potrebbe benissimo immaginare di essere all’estero se le targhe delle auto non recassero il codice di Shinagawa, uno dei quartieri della capitale.
La prossimità della megalopoli – appena un’ora di volo o una notte via nave – e i prezzi abbordabili degli hotel fanno di quest’isola un picolo paradiso per gli studenti che vengono spesso per trascorrerci un week-end prima di ripartire verso la giungla di cemento di Tokyo.
Fra le attività proposte sul posto, le immersioni subacquee sono una delle più popolari. L’isola conta quattordici club e ognuno si vanta del blu particolare del mare di Hachijo, che non si trova da nessun’altra parte. “Si tratta di un blu oltremare molto profondo”, assicura Ogino Masahiro, proprietario del circolo subacqueo Arabesque.
Secondo la sua opinione, è il nero del fondo del mare, costituito di basalto, a contrastare col colore dell’acqua accentuando così il “blu Hachijo”. La visibilità può andare fino a 50 metri, poiché “la corrente molto forte di Kuroshio porta con sé tutta la sabbia che può rendere l’acqua torbida”. Questa corrente fa di Hachijo un luogo dove si incrociano molti esemplari di fauna marina, dai tonni, ai “bonitos”, agli squali, senza dimenticare le tartarughe marine, a volte persino le balene.
Il mare di Hachijo non interessa unicamente i subacquei. Nel porto di Yaene, si incontrano sovente dei pescatori che scrutano l’orizzonte con una canna da pesca in mano. Uno di loro mostra sorridendo la pesca del giorno: un grande sugarello di circa un metro.
I cuochi degli alberghi locali, in stretto rapporto coi pescatori, preparano spesso ciò che questi ultimi hanno pescato durante la giornata.
Le ricchezze dell’isola non si limitano a questo. Ci sono prima di tutto i due vulcani, l’Hachijo Fuji e il Monte Mihara, che dominano le spiagge rocciose e nere di basalto. Questo paesaggio particolare, formato da successive eruzioni, ci informa che i vulcani sono ancora in attività. L’ultima eruzione risale al XVII secolo. Oggi sembrano addormentati sotto un denso strato di vegetazione lussureggiante.
Una pista per il trekking è stata allestita per giungere fin sulla cima dell’Hachijo Fuji (856 m), montagna che ha la forma, come ne indica il nome, del celebre Monte Fuji. La scalata è breve – circa 45 minuti – ma la pendenza è assai ripida. Il sentiero è costeggiato da piante di lamponi selvatici e attraversata ogni tanto da piccole lucertole nere.
In cima regna il silenzio, a parte il rumore del vento che porta in alto le nuvole e il canto delle rane che abitano probabilmente il laghetto nel mezzo della caldera. Da lassù si gode una vista impareggiabile sull’isola, dall’aeroporto fino all’isola di Hachijo Kojima al largo, che ospitava nel passato centinaia di persone ma ormai, da una cinquantina d’anni a questa parte, è abbandonata.
Dopo la camminata, è l’ora dell’onsen (bagno d’acqua calda naturale), come è previsto dalle usanze giapponesi. Quest’isoletta di 70 chilometri quadrati vanta sette sorgenti di acqua termale aperte al pubblico dagli anni Novanta. “Prima, solo i subacquei approfittavano di queste sorgenti, poiché sgorgavano soltanto nel mare”, ricorda Shiono Makoto, funzionario locale venuto ad abitare sull’isola vent’anni fa e proprietario del più famoso di questi onsen, in una posizione eccezionale in cima a una scogliera che domina la costa e l’oceano Pacifico. Questa sorgente vulcanica è anche utilizzata per la produzione di elettricità. Costruita nel 1999, la centrale geotermica di Hachijo fornisce circa il 20% dell’energia necessaria all’isola: una vera risorsa ecologica ed economica per la collettività che dipendeva e dipende tutt’oggi dal petrolio importato dalla metropoli. La percentuale potrebbe salire fino al 70% ma sarebbe necessario rinnovare la centrale. L’energia dei vulcani è anche sfruttata per la coltura dei fiori, una delle attività principali di Hachijo.