Negli ultimi tempi, tuttavia, questi produttori attraversano una fase critica: il ministro giapponese dell’Agricoltura e della Pesca li ha ritirati dalla lista dei “GI” (geographical indication, equivalente dell’AOC per i vini francesi o altri prodotti europei), ovvero dei prodotti di denominazione locale da proteggere. Il label è stato invece attribuito alla cooperativa di miso della prefettura di Aichi, la più importante della regione. Si può supporre che il governo abbia voluto favorire la vendita all’estero di grosse quantità di prodotto. Ma, con questa misura, non solo i prodotti dei nostri due piccoli produttori dalla tradizione ancestrale non potranno più essere chiamati “Hatcho miso”, ma rischiano persino di non poter più essere esportati in Europa, una conseguenza che potrebbe rivelarsi fatale per le sorti delle due aziende.
Shibata Kaori, specialista di cultura culinaria, sottolinea che esistono casi simili in Europa, e propone dunque di seguire il suo sistema, che prevede la creazione di due denominazioni, in funzione del grado di rapporto con la regione (PDO e PGI), per distinguere, ad esempio, l’aceto balsamico prodotto con un metodo tradizionale (PDO) dall’aceto balsamico ottenuto nella regione d’origine del prodotto (PGI).
Ciò che in origine fu creato per proteggere gli interessi dei produttori, può ora facilmente rivoltarsi contro di essi. Questa ironia propria ai tempi moderni non dovrebbe però sacrificare una tradizione culinaria che perdura da più di quattro secoli.
Sekiguchi Ryoko
Solidarietà
Messaggi di sostegno in tutte le lingue possono essere indirizzati ai due produttori locali attraverso i loro siti internet:
Maruya Hatchômiso : www.8miso.co.jp
Kakukyû : www.kakukyu.jp