Mi racconta il suo percorso?
Masaki Takashi: Sono nato nel 1945 a Kumamoto. A 18 anni, mentre studiavo all’università di Tokyo, ho scoperto La Nausea, il romanzo filosofico di Sartre e ho avvertito qualcosa innescarsi in me. Era in effetti esattamente una sensazione di disgusto quella che provavo, una nausea profonda nei confronti della società giapponese.
Ho deciso di lasciare tutto ciò che mi legava a questo Paese, la lingua, la mentalità, e sono partito molto lontano. Avevo bisogno di buttare via tutto per poter ripartire da zero.
Eravamo nel 1964, l’anno dei Giochi Olimpici di Tokyo. Sono sbarcato a Helsinki, passando dall’Unione Sovietica. In seguito, ho fatto dell’autostop e mi sono ritrovato nell’Africa del nord. Da là, ho continuato la mia strada fino al Medio Oriente, sono giunto alla fine in Nepal e in India. Era la vigilia di Natale 1966 e c’era un immenso raduno di beatniks a Katmandu. Ho fatto diversi incontri che mi hanno permesso di conoscere la filosofia indiana. Ho amato l’India fin dal momento in cui vi sono giunto.
Non aveva denaro, come ha fatto a compiere questo lungo viaggio?
M. T. : In effetti, non lavoravo e non avevo un soldo, è un miracolo che sia sopravvissuto! Sono rientrato una volta in Giappone poiché avevo un biglietto di ritorno. Ma subito dopo, sono ripartito per Calcutta con soltanto 10 dollari in tasca, che ho speso quella notte stessa per pagarmi un hotel. Quando non si ha denaro, non si attirano i ladri! In effetti, tutti coloro che mi avvicinavano erano ben intenzionati ad aiutarmi. Gli Indiani nutrono un grande rispetto, per quelli che vengono nel loro paese in cerca di spiritualità. Fa parte della loro cultura. Sono passati cinquant’anni da allora e sono sempre altrettanto appassionato di filosofia indiana.
Qual’è il fondamento di questo pensiero che l’ha così fortemente ispirata?
M. T. : È il principio della non dualità, secondo la filosofia molto antica di Vedanta, che sostiene una sola unità per tutte le esistenze, senza divisioni né dispersioni. L’individuo forma una sola natura divina, con l’universo.
È stato influenzato da altri luoghi nel corso di questo viaggio?
M. T. : sono rimasto molto impressionato dalla Francia, vi ho trascorso un anno in una casa di montagna nei pressi di Rodez, nella regione di Montpellier. Là, ho osservato diverse comunità che vivevano in autarchia sulle montagne, secondo un modo di vita ispirato dal celebre matematico ecologista Alexandre Grothendieck, già vincitore della medaglia Fields e professore all’università di Montpellier.
Questo modello di autosufficienza dove ogni persona partecipa in maniera individuale al bene di una collettività è stata un’esperienza particolarmente interessante. Sono stato soprattutto impressionato dalla forza delle donne e dalla determinazione di queste genti a sostenere il loro stile di vita. Quando sono tornato in Giappone ho pensato di poter riprodurre lo stesso modello collettivo, ma non ha funzionato (ride).