“Ci siamo dati all’agricoltura organica senza conoscerne neppure le basi! Ma tutti lo possono fare, basta saper consacrare del tempo all’impresa” sorride sua moglie, mentre prepara con scrupolo un pic-nic costituito esclusivamente di alimenti provenienti dal loro terreno – carote, funghi, germogli di bambù – che lei venderà in seguito al mercato locale.
La coppia non guadagna molto, ma spende cinque volte meno rispetto a quando viveva a Tokyo. “In queste campagne disertate dai giovani si possono affittare delle case per poco denaro e restaurarle. Basta conoscere qualcuno, tutti si aiutano reciprocamente qui” spiega Yuji parlando della rete alternativa che non ha smesso di crescere dalla primavera 2011.
“Ho rifatto la mia vita qui partendo da zero, grazie alla famiglia Abe che mi ha trovato una deliziosa casetta affacciata sulla risaia per 5000 yen (40 euro) al mese”, conferma Kawaragawa Yodai, anche lui approdato nella zona dopo la catastrofe.
Questo trentenne non aveva un vero mestiere, sette anni fa si è dedicato alla pratica dell’aizome, tintura tradizionale all’indaco, praticamente sparita dall’arcipelago nipponico.
Oggi coltiva e confeziona a mano con sua moglie degli abiti di tessuto trattato con questa pianta, una tecnica utilizzata da sempre dai samurai, che apprezzavano le sue proprietà estetiche e antisettiche. “Oggi, svolgo un mestiere di cui vado fiero, e devo ringraziare la gente di Mizukami”, dice.
Kumamoto albergava una comunità ecologica nata nel 1956 dopo la terribile malattia di Minamata, provocata dalla contaminazione di mercurio. Traumatizzati dalla tragedia, gli abitanti della comunità volevano vivere in armonia con la natura. Dopo Fukushima questo ideale di vita ha ritrovato voce e spazio. A Kumamoto si assiste all’emergere di un sistema parallelo basato sull’autonomia alimentare e sui principi della permacoltura, concetto ecologico australiano già sviluppato dopo la guerra dal celebre agricoltore Fukuoka Masanobu. Qualche pioniere come Abe Masahiro e Isoko si sono stabiliti a Mizukami vent’anni fa.
“Abbiamo vissuto nove anni senza elettricità, né acqua potabile, né gas! Oggi invece, beneficiamo dell’elettricità prodotta dalla centrale nucleare di Kyushu, bisogna scusarci”, scherza Abe Isoko. Vivace e piena d’energia, questa sessantenne, col suo caratteristico cappello da contadina, ha accolto e consigliato diverse nuove famiglie venute a vivere qui, come i Kato o i Kawagahara.