Per l’influente critico giapponese Yomota Inuhiko, Shinjuku ha svolto un ruolo chiave nella diffusione di idee nuove.
Il professore Yomota Inuhiko è una figura unica nel mondo della critica in Giappone. Fin da quando era studente alla prestigiosa Università di Tokyo, Yomota lavorava per editare i manoscritti redatti a mano da Oe Kenzaburo e iniziava a scrivere di cinema su diversi giornali. Ancora oggi è probabilmente più conosciuto per i suoi saggi sui film giapponesi, asiatici e occidentali, ma invece di specializzarsi ha coltivato nel tempo molteplici interessi, come la letteratura, la musica, il fumetto e persino la cucina. Tra le più di cento opere da lui pubblicate (non tradotte, purtroppo), High School 1968 (ed. Shinchosha, 2004, inedito in italiano) una testimonianza diretta di quello che significava essere un adolescente durante il periodo delle rivolte sociali alla fine degli anni sessanta. A gennaio ha pubblicato il primo volume di una serie di tre libri dedicati a questo periodo storico, sotto il titolo 1968. Il primo tomo, Bunka (Cultura, ed. Chikuma Shobo, inedito in italiano) riccamente illustrato, evoca il clima culturale di rivolta caratteristico dell’epoca. Noi lo abbiamo incontrato in una scuola di cinema a Shibuya, dopo una proiezione, dove ci ha confessato
“Il cinema è stato da sempre la mia più grande passione, a tredici anni ero già membro dell’Art Theater Shinjuku Bunka dove si potevano visionare film rari d’arte e di saggi che arrivavano dall’Europa. Da liceale poi andavo spesso a Shinjuku dove molte cose eccitanti accadevano.”
Tuttavia il cinema non era il solo interesse coltivato dal giovane Yomota. Nel 1968, quando frequentava il primo anno del liceo, attirato dalla rivoluzione cinese, come tutti, leggeva il Libretto Rosso di Mao Tse-tung “facevo parte del club di kendo della scuola e mio zio mi diceva che io ero un samurai, e che era mio dovere difendere la società. Quindi, quando ho sentito quello che le guardie rosse facevano a Pechino, mi sono detto che era nostro dovere in Giappone seguire il loro esempio, resuscitare lo spirito samurai e fare una rivoluzione. Dovete sapere che l’etica samurai non è solo un elemento di estrema destra, si può essere un samurai e essere insieme un marxista rivoluzionario; oggi sarebbe facile darmi dell’ingenuo, ma in quel momento credevo fermamente in quelle idee.”