A due ore e mezza da Niigata, l’isola, che un tempo fu una terra d’esilio, offre oggi molti luoghi d’interesse.
Durante una giornata di sole e incredibilmente calda per essere dicembre, di prima mattina sono salito su un battello a Niigata per un viaggio di 2 ore e mezza fino all’isola di Sado. La sesta isola più grande del Giappone potrà sembrare minuscola rispetto agli altri territori, ma presenta in realtà una circonferenza di 260 km ed è una volta e mezzo più grande dei 23 quartieri di Tôkyô.
In altre parole, è abbastanza grande perché siano necessari tre giorni per esplorarla al meglio e sperimentarne la cucina tipica, la cultura tradizionale e i suoi siti turistici.
Oggi l’isola attira un buon numero di turisti, grazie alla sua natura incontaminata (è l’ultimo habitat naturale del toki o ibis giapponese dalla cresta selvaggia, un uccello specie protetta a livello internazionale) e al suo patrimonio musicale, in particolare al festival organizzato dal celebre gruppo di tamburi giapponesi Kodô. Ciononostante il passato dell’isola ha più ombre che luci. Diversi romanzi tragici mettono Sado in primo piano, soprattutto « Il sovrintendente Sansho » (Sanso dayu), capolavoro del 1954 di Mizuguchi Kenji, dove la famiglia di un governatore in esilio cade in un’imboscata sulla strada per andarlo a trovare e sua madre viene venduta come prostituta a Sado.