A più riprese, la Tokyo Electric Power Company (TEPCO, che gestisce anche Fukushima) è stata denunciata per la mancanza di trasparenza su alcuni problemi di cattivo funzionamento a Kashiwazaki, tra questi una deliberata falsificazione di dati fornita nel 2002 alle autorità” confida Baba Yukio. Il terremoto del 1964 è stato seguito da uno tsunami che ha risalito il fiume Shinano. Sebbene nella regione di Niigata il rischio tsunami sia meno elevato rispetto al Tôhoku (nel nord-est del paese), gli esperti hanno valutato che onde di quindici metri di altezza potrebbero abbattersi sul litorale della prefettura nel futuro. Di conseguenza, sono state prese diverse misure per migliorare la sicurezza della centrale, in particolare la costruzione di una diga marittima profonda una cinquantina di metri. “Cio’ che ritengo particolarmente inquietante, è che non sia stata trovata ancora nessuna soluzione per il trattamento delle scorie radioattive. Paragono spesso l’industria nucleare a un castello senza toilette. Potete costruire la dimora più bella, ma se non riuscite a sbarazzarvi degli scarti che producete, è uno sforzo inutile. A mio avviso, se non si riesce a risolvere rapidamente questo problema, dobbiamo imperativamente cercare un altro tipo di energia più pulita e più sicura. Osservate quel che succede a Fukushima: non credo che versare enormi quantità di acqua radioattiva in mare sia la cosa migliore da fare” prosegue il redattore capo. Nel 2008, il Niigata Nippô ha ottenuto un nuovo premio per la sua serie consacrata al deficit di sicurezza della centrale di Kashiwazaki-Kariwa.
Quando gli si chiede quali siano le storie che interessano maggiormente i lettori del suo giornale, Baba Yukio menziona velocemente la relazione tra il Giappone e la Corea del Nord, in particolare la spinosa questione dei rapimenti. A partire da Yokota Megumi nel 1977, almeno cinque abitanti di Niigata sarebbero stati rapiti dai servizi segreti nord-coreani allo scopo di insegnare ai propri agenti la lingua e le abitudini dei giapponesi.
Il caso di Megumi è quello che ha maggiormente attirato l’attenzione: la ragazzina aveva appena tredici anni quando è scomparsa rientrando da scuola. Come spiega il giornalista del quotidiano Hara Takashi, due fattori spiegano che la prefettura sia diventata il “terreno di caccia” preferito dei nord-coreani. “Prima di tutto, Niigata è il punto più vicino alla Corea del Nord. Ci sono soltanto 900 chilometri fra le due coste. D’altra parte, ed è forse il punto principale, esiste un legame storico tra Niigata e la Corea: numerosi migranti coreani che avevano lavorato in Giappone negli anni Trenta e Quaranta, sono stati rimpatriati dopo la guerra e le navi che li hanno trasportati verso la loro patria sono partite da Niigata. Era facile quindi infiltrare il Giappone, per le spie comuniste”, spiega.
Il reporter fa parte del team che copre la vicenda fin dal rapimento di Megumi. Il lavoro senza sosta per scoprire la verità è stato riconosciuto nel 2004, quando il Niigata Nippô è stato premiato per per la serie di articoli “Rapimenti – Corea del Nord”.
“Per noi l’importante è mantenere il dossier aperto e vegliare affinché la storia non sia deformata o recuperata a fini politici, come tenta di fare la destra giapponese. Abbiamo il dovere di assicurarci che la sorte di Megumi non sia dimenticata” aggiunge.