“Fare foto è molto divertente”, diceva con un’aria sbarazzina, rivelando una delle sue caratteristiche: la fierezza nel rivendicare di essere un fotografo amatoriale. La fotografia per lui era prima di tutto un passatempo, un’arte ludica che gli permetteva di sperimentare.
Un colpo d’occhio sulla sua prolifica produzione è sufficiente per rendersi conto che, durante tutta la sua carriera, non ha mai cessato di sperimentare. Che si tratti dei soggetti fotografati, del formato – dal carré al panoramico – o dell’aspetto tecnico del cliché, tutto lo appassionava. Ueda Shoji era molto affezionato alle sue macchine fotografiche, che collezionava in maniera quasi compulsiva. Non è dunque strano che i suoi modelli feticcio, tra i quali il Rolleiflex e l’Hasselblad, siano esposti a fianco delle sue immagini più celebri nel Museo Ueda Shoji, aperto nel 1995 ai piedi del monte Daisen. D’altra parte, il suo vecchio studio è stato trasformato in boutique di macchine fotografiche e chiamato, senza gran sorpresa, Ueda Kamera. Impossibile quindi, una volta giunti qui, sfuggire alla presenza di Ueda-sensei (maestro Ueda), come ancora oggi viene chiamato dagli abitanti di Sakaiminato, con nostalgia. La sua casa, costruita nell’era Meiji (1868-1912), è rimasta intatta. Non si può visitare, d’altra parte il suo interno non è mai stato immortalato, visto il poco tempo che il fotografo vi trascorreva.
A partire dagli anni Cinquanta, Ueda comincia a interessarsi alle nature morte composte da oggetti d’uso quotidiano, che il suo animo da collezionista spingeva ad accumulare: un globo, una canna, un cappello. Un trentennio più tardi, realizza le sue nature morte più particolari, a colori, trasformando le cose più banali in oggetti surreali grazie agli effetti di sovrapposizione e a una luce degna dei più emblematici dipinti olandesi.
Ueda ha costruito un mondo immaginario, sia nel suo studio che nell’immensità dei suoi paesaggi di mare e di sabbia, attingendo soprattutto al suo quotidiano. La mappa della prefettura di Tottori la dice lunga sull’attaccamento dell’artista alla sua regione natale. I luoghi immortalati sono raramente a più di 100 chilometri l’uno dall’altro, con una concentrazione molto forte intorno al triangolo rappresentato dai centri di Sakaiminato, Matsue e Yonago. Ad eccezione di qualche soggiorno a Tokyo e di qualche viaggio in Occidente, Ueda è rimasto sempre piuttosto sedentario. La sua opera attraversa le frontiere per la prima volta nel 1958 grazie ad una mostra al Museo d’Arte Moderna di New York, per iniziativa di Edward Steichen. Nel 1978 e nel 1987 è invitato a partecipare agli incontri Internazionali di Fotografia ad Arles. Durante gli anni successivi, numerose mostre sono organizzate in Giappone e all’estero. Due mostre importantissime hanno luogo in Svizzera al Museo dell’Eliseo e a Parigi presso la Maison Européenne de la Photographie, rispettivamente nel 2007 e nel 2008.