Scegliere il riso per i giapponesi è un momento molto importante. Ce n’è davvero per tutti i gusti.
Come si dice spesso, il riso costituisce l’alimento base dei giapponesi. Di conseguenza, chiunque in famiglia si metta ai fornelli deve porre una particolare attenzione nel cucinare questo cereale.
Il riso è in effetti insostituibile e accompagna la maggior parte dei piatti preparati nelle cucine nipponiche. In casa nostra siamo in cinque: mio marito, i nostri tre figli di 20, 18 e 11 anni ed io. Due ragazzi mangiano ormai sempre più spesso fuori casa. La nostra consumazione quotidiana di riso è oggi pari a 3 o 4 go al giorno, ossia circa 600 grammi. Al mese, questa quantità rappresenta più o meno 15 Kg di riso, che fino ad ora compravo nei supermercati.
Quest’autunno, grazie al suggerimento di un’amica, ho acquistato il riso direttamente da un produttore della regione di Hiroshima.
Il riso giapponese conta circa 300 varietà diverse e il loro numero non cessa di aumentare grazie ai progressi realizzati dalla ricerca agronomica. Le varietà più conosciute sono la Koshihikari, apparsa sul mercato nel 1956, l’Akita komachi, commercializzata nel 1984, e la Hitomebore, disponibile sul mercato dal 1991. Esistono anche alcuni marchi il cui nome è composto da quello di una varietà di riso e da quello di una regione, come l’Uonuma san Koshihikari (Koshihikari raccolto a Uonuma), considerato come un riso di grande qualità. Costa circa 1600 yen (15 euro) al chilo.
Esistono diversi modi per scegliere il riso. Si può decidere ad esempio di privilegiare una regione di produzione. Il gusto del riso prodotto a Niigata o a Yamagata è universalmente riconosciuto e quindi garanzia di bontà. Ma niente impedisce di gustare le produzioni di altre regioni. Ricordo che il Giappone conta ben 47 prefetture!
Si può ugualmente scegliere in funzione di come il riso reagisce alla cottura, diventando più o meno compatto, morbido o appiccicoso.
Il produttore di Hiroshima presso il quale mi fornisco commercializza tre varietà diverse: il famoso Koshihikari, l’Akimaron e l’Akisakari. Ho ordinato quest’ultimo, senza averlo mai provato prima. In totale ho ordinato 180 kg, cioè l’equivalente di un anno di consumazione di riso in casa nostra.
Ho ricevuto la prima parte del mio ordine, ossia 30 kg, a metà ottobre. Ho aperto il pacco e scoperto dei semi bruni. Cosa rara ai giorni nostri. Nel momento in cui ho cominciato a prepararlo, mio marito ha esclamato: «Ma è risone!».
In quel momento mi sono ricordata che il risone viene conservato per mantenere il chicco in condizioni ottimali. Una settimana dopo, ho appreso che nella nostra città esisteva un luogo destinato alla sbramatura e alla brillatura del riso, operazioni realizzate per privare il riso dalle scorie fibrose. Mi sono recata al mulino con dieci chili di riso. L’operazione si è rivelata semplicissima: ho introdotto delle monete nel macchinario, ho versato il riso, poi ho scelto il grado di pulitura dei chicchi. Il tutto è durato quattro o cinque minuti!
Ho recuperato la crusca che potrà essermi utile per marinare le verdure (nukazuke).
Il riso Akisakari ha un gusto leggermente dolce. È delizioso. Ci è costato 6500 yen per 30 chili, ossia ben otto volte più economico che il riso di gran marca acquistato nei supermercati. Non rimpiango quindi la mia scelta! Scegliere il tipo di riso che si consuma non è così semplice, ma può rivelarsi davvero interessante. Pensateci la prossima volta acquistate del riso giapponese, che sia il bianco precotto (istantaneo) o gli onigiri (polpette di riso) che trovate nelle drogherie giapponesi o asiatiche.
Maeda Haruyo