Il regista di Miss Hokusai e di Colorful porta uno sguardo critico sull’evoluzione del settore.
In un pomeriggio freddo e nuvoloso d’autunno, Hara Keiichi, regista di Miss Hokusai (disponibile in DVD e Blu-Ray su @Anime), ci ha ricevuti negli uffici della Production I.G, nella periferia di Tokyo, per discutere sul futuro dell’animazione in Giappone.
Lei è diplomato presso la Tokyo Designer Gakuin dove ha studiato arte. Quando ha deciso di lanciarsi nell’animazione?
Hara Keiichi: Quand’ero al liceo, dovevo decidere cosa avrei fatto nella vita. Avevo un’inclinazione naturale verso il mondo artistico e detestavo davvero il lavoro in ufficio. Ho dunque optato per una scuola d’arte. Poi un giorno, in una libreria, sono finito su una brochure che pubblicizzava una scuola professionale con un dipartimento dedicato all’animazione. La parola “animazione” mi ha colpito. Fino a quel momento, certamente avevo interesse per l’anime e i manga, ma non avrei mai immaginato di lavorare in quel campo. Fu come una rivelazione. La mia mente ha fatto clic e ho saputo da subito che avrei seguito questa strada. Quando sono entrato alla Tokyo Designer Gakuin, sono stato sorpreso dal numero di otaku presenti nella mia classe. Erano molto abili nel disegno e conoscevano i nomi di artisti di manga e di anime che io non avevo mai sentito nominare. Mi dissi che non avrei potuto rivaleggiare con loro e che non sarei mai riuscito a diventare un creativo nell’animazione. Poiché ero capace di filmare, decisi di diventare regista.
C’è un’artista che l’ha ispirata in particolare?
H. K.: Quando ero bambino, adoravo Fujiko F. Fujio e Akatsuka Fujio. Il primo ha avuto una lunga influenza sul mio lavoro. Creava soprattutto storie per bambini, che potevano però essere apprezzate anche da un pubblico adulto. Non penso di aver mai apertamente deciso di copiarlo o di imitare il suo stile, ma sono sicuro di aver inconsciamente assorbito le sue idee.
Visto che stiamo evocando Fujiko F. Fujio… ha lavorato per diversi anni all’adattamento di una parte delle sue opere. Può parlarci di questo lavoro e paragonarlo alla realizzazione dei lungometraggi?
H. K.: A partire dal momento in cui sono entrato alla Shin-Ei Animation, a 20 anni, ho aspirato a realizzare lungometraggi. Penso che sia il desiderio di tutti, ma solo in pochi ci riescono.
Mi considero dunque fortunato ad aver avuto l’opportunità di fare questo lavoro e creare qualcosa che piace.
Nel mio caso specifico, il paragone tra il lavoro per la televisione e i lungometraggi implica il comparare due epoche diverse. Oggi, viviamo nell’era di internet. Tutto è registrato su DVD o su congegni elettronici più recenti e ci sono innumerevoli siti e social network che permettono di valutare immediatamente le reazioni del pubblico. Quando ho cominciato io non esisteva nulla di tutto ciò. Una volta che un episodio veniva diffuso alla televisione, spariva automaticamente. Il massimo che si poteva ottenere era una critica in uno dei rari magazine dedicati all’animazione. Ci si accontentava di produrre un episodio dopo l’altro.
Con i film, era diverso. Si aveva concretamente fra le mani una copia di 35 mm che poteva essere conservata e guardata all’infinito.
Questa è senza dubbio la più grande differenza tra la televisione e il lavoro cinematografico, senza contare la questione della libertà di creazione. Quando concepite la vostra storia originale, avete la possibilità di provare cose che non potreste provare altrimenti.
Realizza anime da circa trent’anni. Com’è cambiato nel corso del tempo il suo approccio al cinema?
H. K.: Ho lavorato per la Shin-Ei Animation per circa 25 anni. Anche se ho realizzato numerosi film, ero un semplice impiegato. Shin-Ei è specializzata nell’animazione per bambini e, all’inizio, ho avuto raramente la possibilità di presentare le mie idee. Più tardi, sono riuscito ad impormi e ho avuto l’opportunità di fare quel che desideravo. Alla fine ho scelto di essere indipendente per poter avere un controllo totale sul mio lavoro.
Per fare dei buoni film, ha senza dubbio la necessità di circondarsi di collaboratori di talento. Sfortunatamente, molti realizzatori di anime si dibattono in condizioni di impiego particolarmente difficili, con salari molto bassi. Cosa ne pensa?
H. K.: Sono d’accordo, i salari dovrebbero essere aumentati. Rimane però il fatto che, a mio parere, il lavoro nell’anime è molto diverso dagli altri impieghi. Bisogna avere del talento ed essere efficaci per poter migliorare la propria posizione e lavorare su progetti migliori. È un mondo che ricompensa la qualità, la lealtà, la forza di carattere. Non è una professione facile e ci vuole del tempo per maturare. È quindi inevitabile che alcuni si realizzino e altri – forse la maggioranza – incontrino delle difficoltà, soprattutto agli inizi.