Con Mirai del futuro, il regista propone una bella storia di famiglia, ricca di profondità.
Il fatto che Hosoda Mamoru affronti nuovamente la tematica familiare nella sua ultima produzione non sorprenderà certo i suoi numerosi ammiratori, che hanno in precedenza apprezzato The boy and the Beast (Bakemono no ko, 2015), Wolf Children- Ame et Yuki i bambini lupo (Okami kodomo no Ame to Yuki, 2012) e ancora prima Summer wars (Sama wozu, 2009). In effetti con il recentissimo Mirai del futuro (Mirai no mirai, 2018), Hosoda si interessa alla famiglia focalizzandosi in particolar modo sulla maniera in cui Kun, un bambino di 4 anni, reagisce all’arrivo della sua sorellina Mirai in una casa che lo aveva da sempre visto protagonista. Come di consueto il regista si è preso il suo tempo, ben tre anni, per la realizzazione della sceneggiatura. Fine osservatore, ha preso spunto dalla sua personale esperienza di padre per immaginare una storia colma di sensibilità, in cui affronta con grande esperienza quei momenti fondamentali dell’infanzia in cui si forma l’identità.
Quando gli si chiede il perché di tanto interesse per il tema della famiglia, Hosoda Mamoru non manca di sottolineare che è un soggetto predominante nel cinema realista giapponese, ma che è trascurato nell’animazione: « Mi farebbe molto piacere essere considerato un regista specializzato in questo genere » afferma sorridendo, infatti ha dimostrato di poter allo stesso modo e con il medesimo talento, trattare le difficoltà incontrate da una madre single in Wolf Children- Ame e Yuki i bambini lupo o le sfide di un padre in The boy and the Beast. E l’ha sempre fatto in maniera sottile, dando vita a personaggi dotati di forti personalità, che adattavano perfettamente il film a loro stessi, come avrebbe potuto fare solo un grande attore. Mirai del futuro è una conferma, grazie alla presenza affascinante di Kun, attorno al quale il regista ha costruito una storia destinata a illustrare questa fase cruciale dell’esistenza, durante la quale la personalità si definisce.