È vero che le coppe cambiano il gusto, ma il piacere è anche e soprattutto estetico; il sakè di tipo nigori, un po’ torbido, sarà valorizzato in una coppa in lacca, il cui rosso caldo contrasterà con il candore del liquido. I sakè maturati jukusei koshu, lasciati fermentare diversi anni e caratterizzati da una tinta ambrata, possono essere serviti in bicchieri cesellati per apprezzare meglio la consistenza leggermente cremosa e il colore.
Allo stesso modo, si può scegliere una coppa in funzione della stagione: in primavera o in estate una coppa che regala freschezza, come i recipienti blu, o delle mini-coppe per bere rapidamente il sakè prima che si intiepidisca. In inverno può essere adatta una coppa che porti calore, con una ceramica spessa, dallo stile grezzo, color terra. Per le coppe o i tokkuri a motivi, si possono associare le piante o i fiori di stagione per essere in armonia con la natura!
Si può poi privilegiare la materia, in funzione della temperatura del sakè: le coppe di stagno conservano bene la freschezza mentre le coppe in ceramica sono perfette con un sakè caldo. Si può addirittura apprezzare un elemento che viene invece normalmente considerato come “perturbatore” per i bicchieri da vino: le coppe in legno di tuia portano un odore di fresco al sakè. Le differenze nei materiali procurano una sensazione particolare alle labbra e alle mani che stringono la coppa. Si tratta dell’aspetto quasi sensuale
dell’utsuwa giapponese, creato per essere tenuto a due mani. Scegliere un utsuwa non è dunque soltanto una questione di estetica, è l’incontro a tutto tondo con un oggetto, con la materia che la compone e con le mani degli artigiani che l’hanno modellata, aiutandosi con l’acqua, con il fuoco, e con la resina, anima del legno…
Miyashita Yûsuke, maestro della cerimonia del té, fa notare che questa, ormai considerata come un’arte a 360°, sia diventata nel tempo sempre più sofisticata. All’origine di questi gesti, vi è l’idea di apprezzare tutti i tipi di té. Prima che la cerimonia prendesse la forma che conosciamo oggi, ci fu uno stadio in cui si facevano “competere” diversi tipi di té. Se fossimo semplicemente rimasti a giudicare unicamente la qualità di uno rispetto a un altro, distinguendo semplicemente i buoni dai meno buoni, la cerimonia non avrebbe potuto includere la significativa parte dedicata all’estetica che abbiamo attualmente.
Di conseguenza, perché l’atto di bere del sakè possa elevarsi al rango di arte, bisogna smettere di giudicare semplicemente il gusto del sakè. Si dovrebbe partire dall’assunto che il sakè è una bevanda deliziosa e riflettere ai metodi per apprezzarla il più possibile, tenendo conto di tutti gli elementi che possiamo avere a disposizione (estetici, visivi, gustativi, olfattivi, culturali) compresa addirittura la storia delle coppe, visto che possiamo bere il sakè in coppe antiche…
Solo così potremo apprezzare al massimo la bevanda che stiamo sorbendo, capace di valorizzare le pietanze e viceversa. Questa degustazione potrebbe così avvicinarsi sempre più a una forma d’arte.
S. R.
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