Hakone Hachiri era un’importante tappa dell’itinerario, poiché rappresentava il punto d’ingresso e di uscita dalla capitale. “Era più facile entrare che uscire a Edo, soprattutto per le donne, controllate più degli uomini” sottolinea Owada Kôichi. “Secondo le postazioni di controllo e la loro localizzazione nell’arcipelago, le regole potevano cambiare. Gli abitanti di Edo uscivano poco dalla capitale e utilizzavano il percorso solo per ragioni eccezionali: per i funerali, per recarsi ai templi o alle sorgenti di acqua termale di Hakone, sfruttate essenzialmente a fini terapeutici.
Bisognava ottenere prima di tutto un lasciapassare ufficiale per poter circolare e passare le diverse postazioni di controllo del Tokaidô, quella di Hakone aveva la fama di essere rigida e severa. Era conosciuta per essere una delle più intransigenti postazioni di controllo fra le 53 possedute allora dal Giappone.”
Eretta quattrocento anni fa dallo shogun Tokugawa, allo scopo di difendere Edo, la dogana (sekisho) di Hakone situata presso il lago Ashinoko, era una delle più grandi del Paese all’epoca. Un tentativo di passaggio illegale poteva essere passibile della pena di morte. “Avevano persino costruito una sala per le esecuzioni. Si trattava di una soluzione particolarmente radicale, a cui le autorità ricorrevano davvero raramente, ma alcuni casi sono riportati. I registri indicano cinque casi di condanne a morte.”
Una volta il posto di controllo attraversato, si poteva tirare un sospiro di sollievo e approfittare di un po’ di riposo prima di proseguire il cammino, ancora lungo se si prevedeva di raggiungere Kyôto. Per permettere ai viaggiatori di rilassarsi, alcune piccole e affascinanti case da té permettevano alle persone di passaggio di trovare ristoro e un po’ di caldo prima di rimettersi in strada.
Oltre ai prodotti del territorio, ognuna delle località situate lungo la strada proponeva ugualmente la sua gamma di souvenir di ogni genere, una originale forma di artigianato. Hakone Hachiri ha così sviluppato nel corso dei secoli la propria cultura locale, oggi alacremente conservata come testimonianza preziosa della vita trepidante di allora.
Yamamoto Satoshi rappresenta la tredicesima generazione presso la casa da té Amasake-chaya, a due passi dall’antica postazione di controllo di Hakone. Qui ci si viene a scaldare attorno all’irori, un antico forno presente nella casa da quattrocento anni. In effetti, la casa da té ha aperto le sue porte agli inizi dell’era Edo, ossia verso il 1600. “Se la mia famiglia ha potuto continuare a mantenere questo luogo per così tanto tempo, è grazie alla fedeltà dei viaggiatori”, spiega il padre di famiglia. Prima di riprendere a trent’anni il business famigliare, lavorava presso un ristorante di cucina giapponese tradizionale a Kyôto. Senza ombra di dubbio, sapeva che “un giorno o l’altro avrebbe ripreso la casa da té di famiglia” .