Creatività : Una rivoluzione a tutto tondo

Per il suo primo numero, An An ha potuto vantare un contributo di Mishima consacrato al glamour. / © Magazine House

Il magazine An An ha rivoluzionato il mondo editoriale giapponese sia per i contenuti che per la grafica.

Le riviste femminili moderne sono andate incontro, negli anni, a diverse evoluzioni, ma poche di esse possono vantarsi di aver segnato la storia con un debutto sensazionale come quello di An An nel marzo del 1970. La copertina raffigurava un piccolo grazioso panda – mascotte della rivista – e una modella straniera glamour, Marita Gissy, musa di Christian Dior, la cui espressione di sorpresa corrispondeva probabilmente a quella di coloro che ammiravano per la prima volta la rivista. Con il suo slogan “Scegliamo di essere più alla moda”, il suo concept grafico strabiliante e nuovi quanto appassionanti contenuti, An An ha portato un soffio nuovo nel mondo editoriale giapponese, trasformandolo in maniera sostanziale.
2191 numeri dopo, il magazine ha celebrato il suo 50° anniversario con una mostra a Kyôto, e Zoom Giappone ha avuto l’occasione di intrattenersi in compagnia di Satô Masako, organizzatrice dell’evento e proprietaria dell’agenzia Contact, specializzata nella produzione di eventi fotografici. “La mostra purtroppo è stata interrotta causa Covid-19, ma abbiamo comunque avuto l’occasione di celebrare lo straordinario percorso di An An. Cinquant’anni è in effetti una bella età per una rivista, molte pubblicazioni non sono durate tanto, e il successo continuo di An An è la prova che le lettrici giapponesi la trovano sempre attuale e interessante”, ci spiega.
Quando le hanno chiesto di occuparsi della mostra sapeva benissimo che sarebbe stato impossibile ripercorrere tutta la storia del magazine, così ha scelto di concentrarsi sugli inizi. “Ero particolarmente interessata al leggendario direttore artistico Horiuchi Seiichi, sono sempre stata una grande fan del suo lavoro”, ci confida Masakoa. “Negli anni Sessanta, appena trentenne, aveva lavorato per il settimanale Heibon, occupandosi di moda, prima di raggiungere il famoso magazine maschile Heibon Panchi [Heibon Punch]. Quando l’editore Heibon Shuppan (che si chiama ora Magazine House) decise di lanciare un magazine femminile, Seiichi integrò subito l’équipe creativa di An An, fin dagli inizi. Nel 1971 ricevette il premio ADC per il suo lavoro alla rivista e collaborò con altri titoli delle stesso editore, tra cui Braccio di Ferro, Bruto e Olivia”.

Nel febbraio del 1972, An An pubblica questo numero speciale sui viaggi in Giappone. / © Magazine House


Dopo un’esperienza di quattro numeri alla fine degli anni Sessanta con Heibon Panchi Joseiban [Heibon Punch for girls], An An debuttò nella primavera del 1970 in stretto legame con la famosa rivista francese Elle. In un periodo in cui gli stilisti giapponesi non avevano ancora un posto sulla scena mondiale e i giapponesi alla moda seguivano con interesse solo ciò che arrivava da Londra o da Parigi, questo sodalizio rappresentò un colpo editoriale ben riuscito. Il primo numero riportava il messaggio dell’Ambasciatore di Francia in Giappone, Louis de Guiringaud, oltre a numerose firme di star dell’epoca come Adamo, Marcel Amont o ancora Mireille Mathieu, e di celebri couturiers quali André Courrèges e Daniel Hechter. Con il suo grande formato, il suo design audace e i suoi articoli accattivanti, An An sbaragliò velocemente la concorrenza posizionandosi come il prototipo di un nuovo stile di magazine femminile giapponese. “Ancora oggi sono molte le persone nel mondo dell’editoria che considerano An An come una pubblicazione rivoluzionaria. Numerosi fotografi e illustratori importanti vi hanno collaborato; una delle foto di copertina è stata realizzata da Takichi Yoshihiro, e le pagine di moda sono state curate da personalità come Kaneko Isao et Hara Yumiko. Come Kaneko, anche Hara è oggi una famosa fotografa di moda, ma inizialmente fu assunta come traduttrice dal francese, poi, a partire dal 1972, cominciò a lavorare come stilista. Fu davvero la prima volta che una figura di quel calibro integrava la redazione di un magazine femminile, questo giusto per dare un’idea delle risorse di talento che la rivista ha saputo attirare negli anni. La redazione, a Roppongi, era un centro creativo e Horiuchi Seiichi supervisionava il tutto. Certo, c’era poi la linea editoriale, i contenuti, e numerosi sono stati i contributi letterari celebri, basti citare Mishima Yukio e Shibusawa Tatsuhiko (v. pagg. 9-10) che hanno scritto per An An. “Non è certo il genere di autore che scrive oggi sulle riviste femminili”, nota Satô Masako. La portata innovativa di An An può essere compresa meglio se comparata a quella che era l’offerta editoriale dell’epoca: “Fino al 1960, numerosi magazine di moda pubblicavano modelli per la sartoria, riflesso di un’epoca in cui i negozi erano ancora rari e poche le donne che potevano permettersi di acquistare abiti già confezionati. La sartoria era anche una facile via d’accesso al mondo del lavoro e molte donne erano sarte. Potremmo dire che le prime riviste di moda erano più prossime all’artigianato che all’alta moda!”, continua Masako. La crescita economica e i Giochi Olimpici del 1964 avevano cambiato molte cose nella società giapponese. La gente aveva cominciato a pensare che la vita potesse non ridursi unicamente al lavoro e al sacrificio, a cercare il piacere e il divertimento come mai prima di allora: la moda ovviamente era parte di questa nuova visione della vita. “Il lancio di An An deve essere letto in questa prospettiva, come il frutto di un cambiamento epocale: è stato il primo ad andare oltre la presentazione di begli abiti. La sua filosofia, come ben espresso dalla foto di copertina, pretende che la moda non significhi solo scegliere e portare bei vestiti, ma sia uno stile di vita che influenza la musica, la danza, il cinema, la letteratura, l’arte e il cibo, ovvero ciò che si mangia e come lo si mangia. In questo senso An An è stata la prima pubblicazione giapponese che poteva permettersi di esprimersi allo stesso livello delle grandi riviste internazionali tanto per contenuti quanto per la scelta delle veste grafica. L’investimento per arrivare a questo risultato è stato importante, molti i fotografi e le modelle inviate in Europa e in America in un’epoca in cui i viaggi all’estero erano estremamente costosi e il tasso di cambio era pari a 360 yen per un dollaro americano. An An era uno scorcio privilegiato su un mondo esotico e glamour che pochissimi potevano permettersi di scoprire personalmente”, ricorda giustamente Masako. Nato dalla collaborazione con Elle, An An è stato realizzato inizialmente per metà dalla redazione di Elle con contenuti originali inviati dalla Francia. “All’epoca i magazine avevano un grado di libertà che sarebbe impensabile adesso. Oggi la scarsità delle risorse finanziare, la pressione della pubblicità e altri problemi di fatto influiscono fortemente sulla scelta dei contenuti. Tutto ciò non esisteva agli inizi degli anni Settanta. La redazione di An An aveva anche un margine di libertà con il suo partner francese, spingendosi fino a poter tagliare le foto ricevute dalla Francia e operare altri cambiamenti senza neanche consultare la redazione europea”, prosegue Masako nel suo racconto. “Potrei dire che Seiichi ha giocato un ruolo centrale non solo nella scelta della veste grafica ma anche nell’approccio ai contenuti come nella sua attitudine provocatoria. Le lettrici hanno colto e apprezzato l’energia e le vibrazioni che uscivano dalle pagine, un inedito sguardo sul femminile, capace di portare avanti certe idee libertarie iniziate negli anni Sessanta dal movimento studentesco protagonista delle manifestazioni internazionali per i diritti civili, senza mai porsi però come una lettura femminista”, aggiunge.

Per il numero consacrato ai suoi 50 anni, An An ha chiesto al gruppo King & Prince di vestirsi da panda. / © Magazine House


La portata innovatrice del magazine è ancora più evidente se si considerano i mezzi tecnologici con i quali veniva realizzata, “Si tratta infatti di un periodo in cui le riviste non avevano certo i mezzi che abbiamo oggi, lavoravano con pellicole e con processi analogici e meccanici, e il margine di errore era basso: se sbagliavano, dovevano rifare tutto da capo! Erano lavori che solo i bravi professionisti erano in grado di svolgere. Secondo Hara Yumiko, ricevevano le immagini dalla Francia, in formato originale, e Seiichi elaborava l’impaginatura. Una volta terminato questo lavoro, difficilmente rinviavano le foto alla redazione francese, tanto è vero che purtroppo decine di scatti di fotografi celebri come Helmut Newton sono andati perduti, ho cercato di ritrovarli per la mostra ma non ci sono riuscita.”
Il 1970 è considerato come l’inizio dell’età d’oro delle riviste giapponesi, con l’apparizione di numerosi titoli la cui tiratura media ha superato le centinaia di migliaia di esemplari al mese. An An ha fatto la sua parte, ma secondo Masako la rivista non ha conosciuto subito il successo che l’ha poi contraddistinta: “Era avanti sui tempi, pioneristica, era considerata troppo d’avanguardia per il lettore medio. Per questo, dopo qualche anno è stata modificata per addolcirne alcuni angoli troppo acuti e renderla così più attraente per la sua nicchia di pubblico”, nota Masako. Mettendo l’accento su moda, bellezza, cibo e viaggi, la sua popolarità e la sua influenza sulle giovani giapponesi ha continuato a crescere per tutti gli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta fino a quando, nel 1982, ha deciso di mettere fine alla sua collaborazione con Elle. “Quando avevo circa vent’anni leggevo molte riviste e all’università avevo seguito una specializzazione in giornalismo che mi avvicinò ulteriormente a questo mondo. Mi ricordo che in quegli anni le riviste femminili come An An e Marie Claire, la cui edizione giapponese è apparsa nel 1982, erano prodotti noti; se ne apprezzavano la qualità grafica e fotografica ad ogni pagina. Presentavano abiti che probabilmente non avrei mai indossato ma il semplice fatto di sfogliare quelle pagine era una gioia per gli occhi, inoltre offrivano consigli in maniera disinvolta e naturale. An An stimolava l’immaginazione e dava spunti di riflessione. Verso i trent’anni, però, ho iniziato a notare che molte riviste si erano trasformate in semplici cataloghi senza alcuno stile, e ho perso l’interesse che provavo nel leggerle. Non mi piace la modalità un po’ ammiccante con la quale alcune riviste tentano di imporre quali abiti scegliere e come indossarli, come a dire: “se desiderate essere belle allora seguite le nostre istruzioni alla lettera!”, senza lasciare alcuna libertà di pensiero alla lettrice”.
An An usciva inizialmente come bisettimanale, per poi diventare un settimanale negli anni ’80. Sul piano dei contenuti la rivista ha tentato di cavalcare gli anni della frenesia consumistica legata alla bolla finanziaria promuovendo in contemporanea la nuova immagine di una donna più forte e libera. La recessione dei decenni successivi ha però messo fine all’atmosfera spensierata che aveva prevalso negli anni della bolla e per molte persone l’inizio dell’era Heisei (v. Zoom Giappone n°89, aprile 2019) è stata vissuta come un periodo di incertezza e ansia. Su questa scia, An An ha iniziato a proporre alle lettrici articoli a tema astrologico e “consigli d’amore” forniti da “esperti”come Akimoto Yasushi (il creatore di del gruppo musicale AKB48), la mangaka Saimon Fumi e la storica cronista Hayashi Mariko. Tra i soggetti preferiti dalle lettrici figurava poi la classifica degli uomini più ammirati, negli anni ’90 dominata da Kimura Takuya, membro della boys band SMAP: era così popolare da essere sulla copertina del 30° anniversario del magazine.
Per il 50° anniversario, invece, la rivista ha proposto una nuova generazione di idoli: il gruppo King & Prince. Come Kimura Takuya nel 2000, i membri della band indossavano costumi da panda. Abbiamo chiesto a Masako il perché dell’ossessione di An An per questo simpatico animale: “il nome An An stesso pare sia ispirato a quello di un panda: circolano diverse ipotesi a questo proposito, come la storia della celebre attrice Kuroyanagi Tetsuko che pare avesse perso il suo panda, An An appunto, durante una visita allo zoo di Londra. Questo episodio è piaciuto al pubblico giapponese poiché all’epoca gli zoo in Giappone non ospitavano panda. Poco tempo dopo l’episodio ecco sorgere l’idea di lanciare una versione femminile di Heibon Panchi. Il nuovo magazine non aveva ancora un nome e i quattro numeri pilota offrivano una cartolina che i lettori potevano utilizzare per inviare le loro proposte. Alla fine è stata scelta l’idea di una liceale della prefettura di Akita che proponeva An An come nome per la nascente rivista”, ci spiega.
Nonostante negli ultimi cinque decenni il mercato editoriale abbia perso il suo dinamismo, An An ha mantenuto dei buoni numeri di tiratura. Vista la sua età, i nomi chiave sono ancora kawaii (carino), oishii (delizioso) e oshare (elegante, alla moda), che descrivevano tanto il mondo della moda femminile quanto maschile, entrambi sempre rappresentati sulle copertine. “L’An An di oggi non può essere davvero paragonato alle sue prime pubblicazioni, sembra che ora le lettrici siano interessate solo agli idoli maschili e il magazine si adatta ai loro gusti. Attualmente la maggior parte delle pubblicazioni cerca di seguire la moda, in costante cambiamento, ma An An resta una delle rare eccezioni che hanno ancora il potere di fare tendenza ”, conclude.
Jean Derome