Nel corso degli ultimi cinquant’anni, i giapponesi sono stati contagiati da un’autentica frenesia del gusto.
Le riviste sono espressione di un’epoca, intuiscono prima di tutti “lo spirito del tempo” e riescono a trasmetterlo. Il cibo può talvolta incaricarsi di questa singolare missione.
Hatanaka Mioko, editrice di libri di cucina, lei stessa autrice di un libro su quello che viene definito “fashion food” (ed. Chikuma bunko, inedito in italiano), spiega che in Giappone il cibo fa parte degli “oggetti di moda” dagli anni Settanta. Si acquista un certo dolce perché “fa tendenza”, perché contiene uno storytelling: si consumano delle informazioni, una storia.
È ugualmente in quest’epoca che il magazine An An ha visto la luce: la “generazione An An” fu la prima a lanciarsi nella ricerca di piatti e di ristoranti che potessero riflettere lo spirito della città, che fossero capaci di tradurne le tendenze e le aspirazioni.
Secondo Hatanaka, la rivista è stata innovatrice in questo senso: ha sdoganato il cibo dal mondo poco attraente delle incombenze domestiche. Mentre le altre riviste femminili associavano puntualmente gli articoli sulla cucina alle ricette e alle piccole gioie famigliari, i pezzi contenuti in An An incitavano le ragazze a consumare specialità e piatti cucinati da altri e non da se stesse, le spingevano ad apprezzare e a formare un’indipendenza gustativa. Hanno così in qualche sorta rappresentato una “resistenza” allo stereotipo imperante della “gentile casalinga” ancora ben presente all’epoca.
Partiamo quindi per un viaggio singolare, alla scoperta dell’evoluzione dei protagonisti zuccherini che hanno animato il mondo della pasticceria negli ultimi cinquant’anni.
Negli anni Settanta, si assiste soprattutto alla nascita della ristorazione rapida: il primo McDonald’s aprì a Ginza nel 1971, e le altre catene di fast food arrivarono a ruota coi loro prodotti-simbolo: donuts, gelati all’americana, cheese cake. La grande moda dell’epoca, sopravvissuta fino ad oggi, è la “crêpe”. Il primo stand dedicato a questa ghiottoneria apparve nel 1976 a Shibuya, poi a Harajuku, da una cinquantina d’anni il quartiere preferito dagli adolescenti.
Le caratteristiche della crêpe alla giapponese, ripiena di palline di gelato, di panna e di frutta fresca, molto “girly”, hanno attirato tutti gli adolescenti che sognavano la capitale. Ancora oggi, la crêpe è la specialità “locale” di Harajuku, e offre numerose evoluzioni e variazioni.
Dieci anni dopo l’apparizione di An An, viene pubblicato Hanako, un magazine d’informazione destinato alle donne giovani e vettore di nuove mode. Nel mondo della pasticceria, la mousse diventa sempre più popolare. La sua consistenza prima di allora sconosciuta ha preparato il palato dei giapponesi alla ricerca della cosiddetta sensazione fuwa fuwa (tenera, aerea, soffice).
Il 1990 segna l’ultima grande tendenza a livello nazionale, con la comparsa del tiramisù. La sua consistenza soffice e cremosa aveva tutto per piacere ai giapponesi. Parallelamente, si assiste in quegli anni a una nuova ondata di aperture di ristoranti italiani, che sostituiscono così quelli di cucina francese, considerati all’epoca come “locali di lusso”. I giapponesi aspirano alla convivialità, a una cucina semplice, gioiosa e informale.
Con l’arrivo di internet, i gusti cambiano in fretta. L’abbondanza di informazioni dà il via a una quantità di mode diverse, più effimere e frammentate.
Nel 1991, va sempre più di moda la consistenza fuwa fuwa nei dolci. Volendo seguire l’onda del successo della pasticceria, tutti cercano di promuovere nuovi sapori e ricette dolci: le texture morbide e cremose continuano a piacere ai nipponici. Crème brûlée, pane al formaggio spalmabile, panna cotta, cioccolato cremoso…
Nel periodo 1992-1993, con la tapioca o la crema di cocco, i dessert originali dei paesi asiatici raggiungono la vetta del successo per qualche anno. I giapponesi, fino ad allora concentrati sulle mode europee, si lasciano finalmente sedurre dal fascino delle tentazioni dei paesi vicini.
In questo momento comincia anche il successo delle depachika, raffinati negozi di gastronomia che occupano spesso il sottosuolo dei grandi magazzini e offrono una vasta gamma di piatti e dessert da comprare e degustare a casa.
Tre anni più tardi, si parla di cannelé (dolcetti tipici di Bordeaux, a base di rum e vaniglia), di cialde liégeoise, di kouign-aman (dolce tipico della Bretagna) o ancora di pastel de nata (pasticcini a base di pasta sfoglia e crema) portoghesi. Le pasticcerie tradizionali e locali venute d’Europa, già comuni in Italia e Francia, si ritrovano così sotto i riflettori in Giappone. Nel periodo compreso tra il 2006 e il 2011, è l’inizio del boom dei dolci americani: popcorn senza olio, “ bean to bar chocolate”, crispie cream donut, pancake… La recessione colpisce anche il mondo della pasticceria: i dolci cotti come il pancake, la torta allo spiedo o il castella (sorta di pandispagna comune in Giappone, la cui ricetta pare essere stata diffusa dai missionari portoghesi) fanno allora la loro riapparizione per qualche anno. Un prezzo abbordabile, sapori semplici, da condividere in famiglia, adatti al palato di tutti…
Dal 2014 in poi, è l’ora del kakigôri. Per molto tempo, i giapponesi si sono rivolti altrove per sognare, motivo per cui le pasticcerie venute dall’estero hanno avuto successo negli ultimi cinquant’anni. Da qualche anno, le nuove tendenze si rivolgono con interesse alla pasticceria tradizionale giapponese, rivisitata grazie a un’estetica moderna. Questa moda riflette al tempo stesso sia la chiusura del paese su se stesso, sia la nascita di una nuova generazione di pasticceri capaci di osservare la propria cultura con uno sguardo nuovo.
Il kakigôri, una sorta di granita a base di ghiaccio tritato e sciroppo, compare già nell’XI secolo nelle Note del Guanciale di Sei Shônagon (tradotto in italiano da Lydia Origlia). Oggi, questo dessert assiste a un’incredibile evoluzione: talvolta la consistenza del ghiaccio assomiglia a polvere di neve, vi viene versata una salsa alla spuma, vi vengono rivisitati sapori giapponesi, coreani, taiwanesi, o viene presentato in stile “granita”…
Certi dessert hanno viaggiato in tutto il mondo: il tiramisù, il pastel de nata, il pancake ne sono perfetti esempi. Anche diverse tendenze giapponesi hanno conquistato gli italiani in differita, come il kakigôri, servito in qualche locale alla moda nelle grandi città.
I criteri per essere la nuova star dei dolci sono molteplici: vegano, etico, senza glutine, halal…
Retro pop? A lunga conservazione, in questi tempi di coronavirus, non potendoci spostare troppo? Di origine lontana, per soddisfare la sete di viaggi?
Sekiguchi Ryôko