Storia : Un argomento delicato

Il bombardamento atomico del 6 agosto 1945 rimane un tema molto sensibile per la cultura popolare.

Gen di Hiroshima ha suscitato numerose critiche a causa dei disegni troppo realistici. / © Nakazawa Keiji

Ogni anno, la seconda settimana di agosto è l’occasione per ricordare ai giapponesi il bombardamento atomico subito da Hiroshima (il 6 agosto) e da Nagasaki (il 9 agosto). I due terribili eventi hanno condotto il Giappone a mettere termine alla guerra, il 15 agosto. Dal 1945, le due città hanno assunto un ruolo cruciale nella protezione della memoria storica legata al disastro atomico e i cittadini hanno sempre esaminato minuziosamente, talvolta criticato severamente, ogni tentativo di descriverlo, di ricordarlo, di interpretarlo o di valutarlo attraverso il prisma della cultura pop.
Nell’ottobre del 2008, ad esempio, il gruppo artistico Chim↑Pom, originario di Tokyo, si è attirato i fulmini delle critiche per aver noleggiato un piccolo aereo che ha tracciato il termine “pika” nel cielo di Hiroshima. “Pika” è una parola onomatopeica volta a indicare una scarica luminosa, come un lampo, ma il significato storico è legato al flash iniziale della bomba sganciata dall’Enola Gay.
Numerosi abitanti hanno immediatamente protestato contro l’iniziativa, presentata come un’operazione egocentrica che non aveva nulla a che vedere con la pace o con l’arte. Il gruppo, alla fine, è stato spinto a cancellare una mostra prevista nel calendario del Museo di Arte Contemporanea di Hiroshima. Il loro approccio artistico ludico e insolente è risultato così la vittima designata dalla posizione rigida e austera tenuta dai sopravvissuti e dai militanti anti-nucleare sull’argomento.
La maniera di rappresentare queste tragedie senza precedenti ha sempre posto numerosi problemi etici e tecnici, in particolare agli artisti e ai creativi che non sono stati direttamente coinvolti negli eventi. “Sebbene nessuno di noi sappia cosa fare a proposito delle armi nucleari e del modo di convivere con esse, stiamo imparando piano piano a scrivere su questi temi”, scrisse, nel 1990, Martin Amis, romanziere e militante anti-nucleare inglese, prima di aggiungere che “la questione della decenza si presenta con una forza inaudita”. Per una ragione o per un’altra, da sempre Hiroshima ha attirato l’attenzione di scrittori, autori di manga, produttori di film di animazione, lasciando a Nagasaki solo le briciole del mercato della cultura pop. Possiamo tuttavia citare l’esempio di Natsu no zanso: Nagasaki no hachigatsu kokonoka (Nagasaki il 9 agosto, un’immagine dell’estate in differita, inedito in italiano) o del lungometraggio di animazione Nagasaki 1945 ~Angelus no Kane~ (L’angelus di Nagasaki) realizzato, nel 2005, da Mushi Production.
Detto questo, la prima autentica riflessione sull’apocalisse nucleare non aveva Hiroshima come soggetto. Quando Godzilla è apparso per la prima volta sugli schermi nel 1954, è stato immediatamente percepito come una metafora dell’arsenale nucleare, la sua arma principale essendo infatti il “soffio atomico” e Tokyo il suo “terreno di gioco” preferito. Il primo film della serie (nel quale un esperimento nucleare risveglia il mostro) fu probabilmente ispirato dalle disavventure dell’equipaggio del Daigo Fukuryu Maru, un peschereccio giapponese, vittima di un test americano sulla bomba a idrogeno nell’arcipelago di Bikini. Tuttavia a nessuno passò inosservato il collegamento tra la storia e la tragedia di Hiroshima, di cui erano ancora evidenti le cicatrici. Negli anni Cinquanta e Sessanta, quando il governo nipponico tentava di nascondere il problema degli hibakusha, (le vittime dei bombardamenti atomici), la Toho produceva sempre più film aventi come tema le mutazioni genetiche subite dall’uomo. Pensiamo ad esempio a The H-Man (1958), o ancora a Matango (1963).
I ricordi dei bombardamenti atomici di Hiroshima hanno cominciato a occupare la scena mediatica tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. Nel 1966 Ibuse Masuji pubblicò La pioggia nera (edito in Italia da Marsilio). Sebbene lo scrittore non fosse stato diretto testimone dei bombardamenti, utilizzò le memorie dei sopravvissuti per creare un romanzo che rimane ad oggi una delle più celebri opere di fiction legate a questa tragedia. Nel 1989, il romanzo diventò un film grazie a Imamura Shohei.