Esperienza : La nuova terra di Mister Ôoka


Spiega che la coltura delle uve da vino non necessita che un quinto del tempo necessario per coltivare le uve di lusso. Diversi produttori hanno risposto quindi positivamente alla sua proposta. Il risultato? Ha potuto produrre il suo primo vino col moscato di Alessandria, una varietà tradizionalmente coltivata a Okayama. Ôoka Hirotake vorrebbe così ridonare vitalità alla regione sviluppando contemporaneamente la sua produzione.
Lavora soprattutto con Hayashi Shingo, un agricoltore specializzato nella lavorazione delle uve, entrambi vogliono creare nuovi vitigni locali resistenti al clima giapponese, e lanciarsi nella coltura di vigne che non necessitino di alcun trattamento. Ha piantato diverse varietà in una parcella quasi selvaggia, per tentare di determinare quali vitigni potrebbero sopportare la coltura biologica.
Altra tappa importante per Ooka Hirotake è poi evidentemente quella di esaminare la qualità del gusto delle uve propizie alla preparazione del vino.
Qui “prendere il tempo che ci vuole” è la regola d’oro. Se si è riusciti a determinare

Eric Rechsteiner per Zoom Giappone 


le varietà più adatte al cima di Okayama, è stato grazie alla pazienza. Sono stati necessari degli innesti, degli incroci, fare crescere le piante, verificare il tasso di zuccheri, la resistenza, preparare le viti e piantarle in quantità sufficiente per la produzione del vino.
Soltanto dopo tutte queste operazioni si può verificare se è proprio questo vitigno che sarà utilizzato. È davvero un lavoro da titani. Ma i volti di questi due uomini sono radiosi. Hayashi afferma che la passione e il desiderio di veder nascere un buon vino nella regione lo spingono a lavorare con pazienza. Investire come privato in questo lavoro con obiettivi a lungo termine ottenuti attraverso incroci di vitigni non è affatto semplice.
“Non bisogna parlarne troppo alle nostre mogli, ci criticherebbero e direbbero che parliamo solo di sogni…roba da uomini”, esclamano, ridendo.
Ôoka Hirotake produce ugualmente del vino con un vitigno chiamato Shôkôshi, originato da un incrocio con una varietà endemica, lo yamabudô (uva di montagna), resistente alle malattie e adatto a una coltura organica.
Per certi vitigni la cui coltivazione è incompatibile col clima piovoso del Giappone, il produttore propone di utilizzare le serre in vetro, caratteristiche di Okayama e esistenti da ormai un secolo grazie alla coltura degli alberi da frutto.
In questo modo, le serre tradizionali non sono più abbandonate, e le uve non patiscono a causa dell’umidità. Farle crescere a bordo serra con le radici all’esterno risolve anche il problema dell’irrigazione. Ôoka Hirotake stesso coltiva il Syrah nella sua serra. In un’altra parcella di terreno, si scorgono delle viti di Savagnin, e si intuisce che le piante stanno “sperimentando” il loro nuovo ambiente, il loro territorio.
Parlare di territorio non è scontato per i vini del Giappone perché bisogna dapprima riflettere alla natura della regione, piantare vigneti in armonia con la terra, immaginare un metodo di produzione che funzioni a lungo termine, sostenibile finanziariamente tanto per i vignaioli che per i produttori.
Quelli che conoscono i vini realizzati da Ôoka Hirotake nel corso del suo periodo “francese” dicono di avvertire ancora oggi, malgrado i cambiamenti di luogo e di vitigni, una tonalità che gli è propria. Prova che il vino è sempre il risultato di un’osmosi tra il lavoro degli uomini e quello della terra.
Il caso di Ôoka è esemplare: a partire dal suo ritorno in Giappone, ha individuato i terreni da far sviluppare e ha elaborato progetti su più fronti, perché la regione arrivasse a distinguersi per i suoi vini. Un progetto nato dalla filosofia del “vivere insieme”.
Esemplare anche perché è la filosofia di molti produttori giapponesi, poco importa la maniera con cui viene applicata. Numerosi sono coloro che notano lo spirito di solidarietà che vige fra i giovani produttori. Ôoka Hirotake propone, fra le altre cose, delle formazioni e degli stage destinati ai giovani amatori, al fine di incitare i produttori a trasferirsi qui. Ha ugualmente come obiettivo quello di riunire i produttori biologici di ogni prodotto (verdure, riso, frutta, allevatori di maiali e polli, fattori…) per avviare un ciclo di produzione organica con un riciclaggio di materie previsto ad ogni stadio. Questa visione è abbastanza ambiziosa ed appassionante per coinvolgere le nuove generazioni e convincerle a seguire le sue orme.

Sekiguchi Ryôko