POLITICA : Menzogne e verità

Fukushima speciale

Protagonista della crisi di Fukushima, l’ex Primo Ministro Kan Naoto ripercorre il suo svolgimento e le sue conseguenze.

Saranno necessari anni ed anni per mettere in sicurezza il sito
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Cinque anni e mezzo sono passati dall’incidente alla centrale nucleare di Fukushima ma l’auspicato “nuovo Giappone” assomiglia sempre più a quello vecchio. Il governo Abe sembra riluttante a dire addio all’energia atomica, mentre cerca allo stesso tempo di sbarazzarsi in qualche modo delle scorie radioattive che si sono accumulate negli anni. Zoom Giappone ha parlato di queste e altre cose con Kan Naoto, Primo Ministro al tempo dell’incidente.

Dopo il triplo disastro in Tohoku molti hanno commentato che essendo uno scienziato di formazione, lei era il Primo Ministro ideale per affrontare l’emergenza nucleare.
Kan Naoto: Effettivamente mi sono laureato in fisica presso l’Istituto di Tecnologia di Tokyo. In realtà non sono mai stato veramente un esperto di queste cose e anzi, dopo la laurea sono diventato un avvocato specializzato in brevetti. Detto ciò, è vero che lo studio dell’energia nucleare era parte del curriculum accademico e quindi ho una certa conoscenza di queste cose.

In passato lei è stato a favore delle centrali nucleari. In che misura l’incidente di Fukushima ha contribuito a farle cambiare idea?
K. N.: È vero che prima di Fukushima avevo creduto ingenuamente che in Giappone non sarebbe mai accaduto un incidente come quello di Chernobyl. La competenza tecnologica giapponese era troppo grande perché una cosa simile potesse accadere. Anche dopo essere diventato Presidente del Consiglio la mia fede nella bontà dell’energia atomica non è venuta mai meno, tanto è vero che a ogni ospite straniero parlavo con orgoglio delle meraviglie dell’industria nucleare giapponese. Tutto questo è cambiato l’11 marzo 2011 quando mi sono reso conto non solo dei pericoli che comportava il nucleare ma anche dei gravissimi rischi che tutto il paese aveva corso in quei giorni. A quel punto dentro di me c’è stato un’inversione di 180 gradi e sono arrivato alla conclusione che il Giappone doveva sbarazzarsi delle centrali nucleari. Fra l’altro in questi cinque anni abbiamo capito che il nostro fabbisogno energetico può fare a meno dell’energia atomica. Al momento del disastro ben 54 reattori erano in funzione. Tutti sono stati spenti per ispezioni e controlli di sicurezza e solo di recenti due di essi hanno ripreso a funzionare. Ciononostante abbiamo continuato a vivere come prima, senza crisi energetiche o danni alla nostra economia.

Lei ha fatto produrre e distribuire un volantino che mostra l’effetto devastante che la fusione del nocciolo all’interno dei reattori avrebbe avuto su buona parte del Giappone centro-settentrionale. Me ne può parlare?
K. N.: Subito dopo l’incidente alla centrale di Fukushima ho fatto fare delle stime sull’entità dei danni e i rischi reali che il paese stava correndo. Secondo il rapporto redatto dal capo della Commissione per l’Energia Atomica, Kondo-san, nella peggiore delle ipotesi sarebbe stata necessaria l’evacuazione di un’area con un raggio di 250 km che quindi avrebbe compreso la regione metropolitana di Tokyo. Si parla di un terzo dell’intero territorio nazionale e un totale di circa 50 milioni di persone, vale a dire il 40 per cento dell’intera popolazione giapponese. Tutte queste persone sarebbero state costrette ad abbandonare le loro case e questo immenso territorio sarebbe rimasto off-limits per decenni. Molte persone hanno paragonato Fukushima a Chernobyl. Di fatto l’incidente di Fukushima è stato di gran lunga peggiore. A Chernobyl è stato coinvolto solo un reattore nucleare; a Fukushima ce ne sono ben dieci. Perdere il controllo di una centrale così grande avrebbe causato una tragedia umana ed ecologica di dimensioni spaventose. Nel 1973 lo scrittore di fantascienza Komatsu Sakyo ha pubblicato Nihon Chinbotsu (L’affondamento del Giappone). Ecco, in quei giorni più di una volta mi è venuto da pensare alle immagini di devastazione di quel libro.

All’epoca tuttavia non ha fatto parola di questo rischio ed è stato anche criticato per non avere reso pubblici questi dati.
K. N.: È vero. Il problema è che quando il capo del governo fa una simile dichiarazione deve anche proporre un piano, delle contro-misure per risolvere il problema. Sfortunatamente quello di Fukushima è stato un disastro così grave che non esisteva un piano per organizzare l’eventuale evacuazione di milioni di persone. In altre parole nessuno sapeva chi avrebbe dovuto fare che cosa.

Un’altra accusa che è stata mossa al suo governo è emersa di recente in seguito alla pubblicazione di un rapporto secondo cui alla Tokyo Electric Power Company (TEPCO) che gestisce la centrale di Fukushima sarebbe stato ordinato di non usare la parola “fusione”. So che lei nega tutto questo e anzi sta pensando di fare causa alla TEPCO. Cosa è successo veramente?
K. N.: La cosa importante che nessuno ha sottolineato è che questa inchiesta non è stata fatta né dal governo né da una commissione indipendente. In realtà si tratta di un gruppo di avvocati scelti appositamente dalla stessa TEPCO, quindi è stata tutt’altro che un’inchiesta imparziale visto che il primo dovere di un avvocato è di difendere gli interessi del cliente. In secondo luogo questa sedicente commissione non si è mai degnata di contattare alcun membro del governo di allora. Le uniche persone che sono state interpellate lavorano o lavoravano per la TEPCO, a cominciare dal Presidente Shimizu, e quando gli è stato chiesto chi era il membro di Gabinetto che gli avrebbe ordinato di non usare la parola “fusione”, guarda caso nessuno se lo ricordava. Se poi vogliamo fare un discorso più generale, è vero che la gestione della centrale nucleare spettava alla TEPCO, ma tutto ciò che riguardava la protezione dei civili era compito del governo. È assurdo pensare che io o altri membri del Consiglio dei ministri avremmo messo a repentaglio la vita della popolazione. In ogni caso quello che sostiene la TEPCO sono tutte sciocchezze. Lanciano accuse dicendo di non sapere o non ricordarsi i dettagli e i nomi delle persone coinvolte. È una cosa inammissibile. Secondo me è stata anche una mossa politicamente motivata: non le sembra strano che abbiano annunciato i risultati dell’inchiesta un mese prima delle elezioni per la Camera dei consiglieri [Camera alta]? Noi abbiamo chiesto all’azienda di rifare l’inchiesta – questa volta in modo più cristallino – ma loro si sono rifiutati, quindi stiamo vagliando la possibilità di fargli causa.

Come spiegherebbe a una persona comune il perchè l’energia nucleare è inaffidabile?
K. N.: I fautori dell’energia atomica insistono sempre su due punti e cioè che si tratta di energia pulita e a buon mercato. Di fatto le centrali nucleari sono altamente inquinanti. Non c’è bisogno di un incidente come quello di Fukushima per causare danni all’ambiente. Anche durante il loro normale funzionamento le centrali rilasciano nell’atmosfera particelle radioattive che sono pericolose sia per l’ambiente che per la nostra salute. In quanto alla sua presunta economicità, questo discorso prende in considerazione solo il costo di produzione. Aziende come la TEPCO dicono sempre che produrre un Kilowatt di energia elettrica costa solo 9 yen, ed è vero. Quello che non rivelano sono tutti i costi aggiuntivi di cui loro si fanno carico solo in minima parte, come lo smaltimento dei rifiuti, delle scorie radioattive. Questi costi se li accolla in buona parte lo Stato, vale a dire i cittadini che pagano le tasse. Se poi succede un incidente si arriva a cifre da capogiro. Quello di Fukushima, ad esempio, ha causato fino a oggi danni per 20 mila miliardi di yen. Infine c’è il discorso della sicurezza. Fukushima ha dimostrato che la pericolosità dell’energia atomica è un fatto incontestabile. La sicurezza delle centrali nucleari è un mito e i danni causati da un incidente come quelli di Chernobyl e Fukushima sono pari a quelli subiti da un paese che ha perso una guerra.

©Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone
©Jérémie Souteyrat per Zoom Giappone

Secondo una parte dell’opinione pubblica – ad esempio lo scrittore Furukawa Hideo, che è originario di Fukushima (vedi intervista a p. 19) – il governo non avrebbe dovuto costringere gli abitanti delle zone a rischio a lasciare le loro case. Ovviamente esistono delle leggi precise a questo riguardo ma lei personalmente cosa ne pensa?
K. N.: Come dice giustamente lei, il governo ha il dovere morale e la responsabilità giuridica di difendere la popolazione e questo implica anche il divieto di accesso alle aree pericolose. Io personalmente vedrei la questione da un altro punto di vista, quello del ritorno a casa. Di recente il governo ha dichiarato che gli abitanti di alcuni paesi, come Katsurao e Iitate, possono tornare a casa perché il pericolo di contaminazione è passato. Secondo me comunque spetta alle singole persone decidere se vogliono veramente tornare. Quindi ribaltando la sua domanda, se una famiglia per qualsiasi motivo non si sente sicura e non vuole tornare al paese di origine, il governo ha il dovere di trovare per loro una sistemazione alternativa.

Il Ministero dell’Ambiente sembra avere intenzione di usare la terra contaminata a basso livello di radioattività per costruire le strade ma molte persone sembrano non essere al corrente di questa iniziativa. Più in generale sono tutti preoccupati che il governo ponga i propri interessi economici e politici al di sopra dei suoi doveri nei confronti dei cittadini. Lei cosa ne pensa?
K. N.: La notizia di cui lei parla è stata riportata sui giornali, quindi se una persona si tiene informata dovrebbe sapere cosa sta succedendo. Secondo me, però, il governo dovrebbe fare di più per spiegare alla gente cosa fa e perché lo fa. Da questo punto di vista ritengo l’opera dell’attuale governo molto carente. Se poi entriamo nel merito della questione, il piano originario prevedeva l’uso di terra con una radioattività non superiore ai 100 becquerel per chilo. Tuttavia di recente questo limite è stato inspiegabilmente alzato a 8000 becquerel. È a dir poco strano che radiazioni 80 volte più forti vengano da un giorno all’altro ritenute sicure per la nostra salute. E non dimentichiamo che occorrono 170 anni perché le radiazioni nucleari scendano di soli 100 becquerel.

L’incidente nucleare ha danneggiato non solo buona parte della prefettura di Fukushima ma anche il rapporto fra il governo e i cittadini. Eppure a giudicare dalle recenti elezioni i giapponesi continuano a dare fiducia al governo Abe.
K. N.: Io non mi concentrerei solo sull’attuale governo perche’ in realta’ quella delle centrali nucleari in Giappone e’ una storia che risale a decenni fa quando il governo di allora, in stretta collaborazione con gli Stati Uniti, lancio’ la campagna Atom for Peace in cui l’energia atomica veniva presentata come utile e soprattutto innocua fino a convincere la gente che l’uso civile dell’atomo non aveva niente a che vedere con le bombe. In seguito tutte le persone coinvolte nella produzione di energia atomica (il governo, la burocrazia, le aziende) hanno necessariamente dovuto nascondere al pubblico tutte quelle informazioni che contraddicevano la loro versione ufficiale – i rischi di contaminazione, i costi reali della produzione di energia atomica, ecc. Sfortunatamente il governo Abe, invece di fare tesoro della lezione imparata a cosi duro prezzo a Fukushima, non ha fatto altro che ritornare al vecchio mantra del’atomo amico, continuando a ripetere che adesso la situazione a Fukushima e’ sotto controllo. Versare quotidianamente tonnellate di scorie radioattive in mare vuol dire semplicemente limitare i danni, non vuol dire avere la situazione sotto controllo. Secondo me l’atteggiamento di Abe e’ completamente sbagliato.

Come lei ha sottolineato Abe vuole mantenere il vecchio status quo. Secondo lei il nucleare ha ancora un futuro in Giappone?
K. N.: Penso di no per una serie di ragioni. Prima di tutto come ho già detto la produzione di energia atomica è sempre meno fattibile da un punto di vista economico. Fra l’altro molti dei reattori nucleari sono vecchi e andrebbero decommissionati e sostituiti con nuovi impianti. Tuttavia in molti paesi sta diventando sempre più difficile ottenere prestiti dalle banche per costruire centrali nucleari a conduzione privata e a scopo commerciale. Per contro il movimento a favore delle energie rinnovabili sta crescendo. Manca solo la volontà politica per appoggiare seriamente con sovvenzioni e agevolazioni l’espansione di questo settore. Io penso e spero che in un futuro non molto lontano potremo sbarazzarci dell’energia nucleare.

Intervista realizzata da J. D.