Il problema è che, recentemente, molte persone creative e di talento hanno scelto lavori differenti e meglio remunerati, come quello del grafico.
H. K.: Sono conscio di questo doloroso problema. L’ironia della situazione è che gli appassionati di anime sono in aumento, mentre sempre meno sono quelli che vogliono lavorare nel settore. È un vero peccato. Le persone che amano l’animazione dovrebbero tuffarsi e provarci.
Appartengo a una generazione che conta molti realizzatori di anime. Mai prima ce n’erano stati così tanti. Questi artisti hanno messo sottosopra il corso dell’animazione e aperto nuove possibilità creative. Al tempo stesso, all’epoca il numero di opere effettivamente realizzate era molto più basso di adesso e il settore non necessitava di molta forza lavoro. Anch’io ho avuto delle difficoltà a farmi assumere, all’inizio. Ho dovuto attendere tre anni dopo il conseguimento del diploma per poter ottenere un impiego. I creativi della mia generazione hanno oggi 40 o 50 anni e occupano posti chiave nel settore. Il problema è che non si vede ricambio generazionale. Quando leggo l’elenco dei nomi dei collaboratori alla fine di un film, ritrovo che sono sempre gli stessi. Un ulteriore problema riguarda il fatto che nell’animazione si lavora in squadra e alcuni individui, malgrado il loro talento, non sanno lavorare collettivamente. Disegnano quel che vogliono, senza ascoltare o rispettare ciò che si domanda loro di fare.
L’impressione è quella di un’inquietudine riguardo al futuro dell’animazione…
H. K.: A costo di risultare brusco, direi che non mi importa granché. Non ho il tempo di pensarci e non c’è nulla che possa fare personalmente per risolvere la questione. Quindi preferisco concentrarmi sul mio lavoro.
In un’intervista precedente ha rivelato di essere piuttosto pigro. È vero?
H. K.: Sì, non sono effettivamente uno stakanovista (ride). Sono un po’ come un anziano Edokko (tokyoita da generazioni). Lavoro soltanto quando ho voglia di lavorare. Naturalmente, la realizzazione di film d’animazione può essere un contesto dove la tensione è alta e ci sono momenti dove si ha l’obbligo di concentrarsi al massimo sul lavoro. In questo caso, non c’è spazio per l’ozio.
Rispetto al passato, la censura sembra essere diventata più rigorosa anche nell’industria dell’animazione. Ha incontrato dei problemi con Miss Hokusai o Colorful, film che trattano di suicidio, di prostituzione minorile e di adulterio?
H. K.: Come in altri Paesi, disponiamo in Giappone di un organismo che rilascia i permessi per divulgare i film in funzione del loro contenuto. In Miss Hokusai ci sono alcune scene che avrebbero potuto essere vietate ai minori di dodici anni, ma per fortuna, l’Eirin (organismo preposto alla classificazione dei film) non ha avuto niente da ridire.
Colorful (disponibile in DVD presso Kaze) risultava più problematico in ragione del tema trattato: la prostituzione di un’adolescente. Il distributore era preoccupato al riguardo, quindi ho proposto di cambiare una scena: la ragazzina non diceva più quanto denaro volesse, ma lo indicava col dito, nonostante per me questa soluzione fosse più volgare della scena originale. Ma la censura era soddisfatta e il film ha ottenuto il certificato per essere diffuso pubblicamente senza restrizioni. In ogni caso, io sono contro questa forma di censura. Durante la mia infanzia, le scene inquietanti e violente rappresentavano la norma nei film d’animazione. Non sono d’accordo col fatto che si censuri la morte o altri soggetti delicati che, dopotutto, fanno parte della nostra vita e del nostro mondo. Anche i bambini devono sapere che non tutto è bello e puro.
Se rinascesse, vorrebbe di nuovo lavorare nell’animazione?
H. K.: Certo! È proprio il lavoro che fa per me!
Intervista realizzata da J. D.