Shinjuku è stata sia centro di proiezione di film all’avanguardia che set di numerose produzioni cinematografiche.
Gli anni ’60 sono stati un decennio molto agitato per il Giappone. Il luogo in cui confluivano la maggior parte dei sobillatori e degli amanti del piacere era sicuramente Tokyo, di cui Shinjuku era di gran lunga il luogo più adatto per assistere, o partecipare, a questa rivoluzione culturale e sociale. Per molti giovani registi della New Wave giapponese, questo quartiere divenne il centro, se non la loro casa, e spesso sceglievano di installare lì le loro macchine da presa, quando si trattava di filmare. Tuttavia, la nostra storia inizia con un uomo che apparentemente ha poco a che fare con la New Wave, Suzuki Seijun. Quando diresse Everything goes wrong (Subete ga kurutteru) nel 1960, aveva già trentasette anni e dal 1956, l’anno in cui divenne un regista a tutti gli effetti, aveva già scritto sedici film, la maggior parte dei quali B-movie a basso budget. Tematicamente e soprattutto stilisticamente il suo lavoro era un incrocio tra i film di fine anni ‘50, incentrati sulla gioventù decadente borghese, e l’emergente New Wave, sulla scia di La stagione del sole (Taiyo no kisetsu Furukawa Takumi, 1956). Nel film moralistico Suzuki racconta la storia di due adolescenti che flirtano tra crimine e violenza, tanto fisica quanto psicologica, fino alla morte improvvisa in un incidente d’auto. Lo stile di Suzuki è notevole, la sua macchina da presa segue con taglio documentaristico i due studenti delle scuole superiori nel loro esplorare Shinjuku e Mejiro, in una corsa mozzafiato fino alla morte. Se facciamo un grande salto sino alla fine del decennio, l’angoscia adolescenziale si è trasformata in una guerra aperta contro ogni forma di potere, incluso l’autoritario sistema educativo, che sembra essere rimasto al Medioevo, e la sottomissione del governo giapponese alla politica estera statunitense, in particolare nella guerra del Vietnam. Suzuki era ancora lì, ma non per molto, dal momento che il suo audace film sulla Yakuza, La farfalla sul mirino (Koroshi no rakuin, 1967), venne considerato incomprensibile dal suo studio, il Nikkatsu. Il regista, licenziato senza tanti complimenti un anno dopo, rispose convocando una conferenza stampa in cui denunciò il comportamento scorretto dello studio. Si creò rapidamente un comitato di sostenitori di Suzuki composto da registi, attori e studenti, che riuscirono a mobilitare con successo il pubblico per varie manifestazioni di massa, unendosi ad altri gruppi di dissidenti nelle strade di Tokyo, specialmente a Shinjuku.
Alla conferenza stampa di Suzuki era presente Oshima Nagisa, una delle figure centrali della New Wave giapponese. Realizzò due film nel 1968, ma siamo più interessati al Diario del ladro di Shinjuku (Shinjuku dorobo nikki). Ispirato al racconto autobiografico Diario del ladro di Jean Genet (1949) e girato durante le ore più calde della rivolta studentesca e quasi interamente nel quartiere. Il film riprende infatti alcuni luoghi iconici di Shinjuku, a partire dalla libreria Kinokuniya, in cui il ladro è colto in flagrante. Tra i libri rubati c’è il celebre Diario di Genet. La sede della libreria Kinokuniya, che conta nove piani più due interrati, fu completata solo pochi anni prima, nel 1964, dall’architetto Maekawa Kunio a cui si deve il Tokyo Metropolitan Museum di Ueno. All’interno si trovano una galleria d’arte e un teatro, il celebre Kinokuniya Hall. Oggi Shinjuku ha una seconda e più grande libreria Kinokuniya, di fronte all’uscita sud della stazione, ma l’atmosfera retro-modernista del vecchio edificio rimane ancora ineguagliata.
Torniamo però alla nostra storia: il ladro, interpretato dal famoso artista Yokoo Tadanori, è catturato dalla commessa, che lo porta nell’ufficio di Tanabe Moichi, ma il vero proprietario della Kinokuniya, che interpreta se stesso, non sembra particolarmente interessato alle imprese del giovane. Comincia così la strana storia di questi due personaggi che cercano senza successo di avere un rapporto sessuale, per poi vagare per le strade di Shinjuku, alla ricerca di consigli, da parte del sessuologo Takahashi Tetsu e di un senso alla loro situazione. Durante il suo peregrinare senza meta la coppia assiste, davanti all’uscita orientale della stazione, allo spettacolo dell’artista di strada Kara Juro prima di seguirlo fino alla sua tenda rossa, montata nei giardini del Santuario di Hanazono, dove incontrano la sua troupe di teatro situazionista. Alla fine, la coppia riesce a raggiungere l’estasi, mentre per le strade lottano i manifestanti e la polizia, per davvero.