Sulle tracce dei vini di Kôshû

Kondô Nobuyuki gestisce il vigneto Komazono dal 2015. / Tanja Houwerzijl per Zoom Giappone


“Il vino prodotto a Yazmanashi dieci anni fa, non ha più nulla a che vedere con quello che viene prodotto attualmente. Il gusto è completamente diverso. All’epoca, non avrei mai bevuto del vino di Kôshû, oggi, è in assoluto il mio preferito” afferma Omata Marie, 32 anni, guida specializzata nella viticoltura giapponese. Dopo aver abbandonato una vita trascorsa nel dipartimento vendite di grandi società come Shiseido, The Japan Times o ancora Tesla, l’affascinante trentenne ha affrontato una riconversione professionale azzardata.
Appassionata dal territorio e dai prodotti della sua regione natale, Yamanashi, dove vive da sempre, ha a cuore la condivisione delle ricchezze del patrimonio locale. “Anche quando lavoravo a Tôkyô, preferivo affrontare 1h45 di treno ogni mattina e ogni sera, piuttosto che rinunciare a vivere a Yamanashi”, racconta. Grande viaggiatrice, ha girato il mondo, visitando da sola più di una cinquantina di paesi in una decina d’anni. “Ho una leggera preferenza per la Francia dove mi sono recata otto volte. Amo scoprire nuove culture viaggiando, mi sono resa conto che nessuno sapeva che il Giappone producesse del vino e ho avuto il desiderio di promuovere la mia regione, a modo mio”, aggiunge.
Oggi lavora come guida al servizio di viticoltori e viaggiatori stranieri, in tour privati (www.facebook.com/yamanashiwineries). “Permetto ai produttori locali che non hanno il tempo di comunicare a proposito delle loro competenze e che non parlano inglese di tessere legami con l’estero”. Lei li consiglia e nota che “le persone partono sempre piacevolmente sorprese. Perché sì, c’è ogni sorta di vino di qualità in Giappone, in particolare a Yamanashi. Si trovano anche vini naturali o prodotti in biodinamica. Il vino di Kôshû ha ugualmente una specificità che viene chiamata “l’aroma ginjôshu”, aroma simile a quello del saké, che lo rende adatto a abbinamenti perfetti con la cucina locale”.
La storia della viticoltura giapponese attinge le sue origini nel 1877. All’epoca Takano Masanori et Tsuchiya Ryûken, dipendenti della prima cooperativa vinicola giapponese, la Dai-Nihon Yamanashi budoshu kaisha, hanno intrapreso un viaggio in Francia, sul cammino dei vigneti del Paese europeo fra i più celebri nella produzione vinicola. Passeranno in Francia quarantasei giorni e impareranno le basi del savoir faire prima di tornare e dare l’avvio a una produzione vinicola su grande scala, nella prefettura di Yamanashi.
L’uva selezionata è la varietà locale, il Kôshû, coltivato in Giappone da 1300 anni, originario del Caucaso e giunto qui attraverso la Via della Seta. La varietà presenta il doppio vantaggio di essere resistente alle malattie, alla pioggia e al freddo e di avere una texture fresca, con una sottile acidità.
Negli anni Settanta, la cooperativa diventa Château Mercian, oggi l’impresa di riferimento nel mondo del vino giapponese. “Il nuovo nome ha permesso di fare riferimento alla Francia, Château per i vigneti francesi e Mercian per merci, grazie” spiega Nakamura Kazuaki, viticoltore per l’impresa. “In Giappone, quando si prepara del saké ad esempio, abbiamo cura di ringraziare il riso, l’acqua e gli agricoltori che ci hanno permesso di arrivare al prodotto finale. Qui abbiamo ripreso l’idea a nostro modo, nel settore del vino.”
Quel mattino, una decina di curiosi sono arrivati per visitare le cantine della famosa cooperativa che ha visto nascere i primi litri di vino giapponese, 140 anni fa.
Château Mercian (chateaumercian.com/en) coltiva dell’uva Kôshû e Muscat Bailey A a Yamanashi, ma anche dello Chardonnay e del Merlot nella prefettura di Nagano. La cooperativa progetta di ingrandirsi con l’acquisizione prevista per questo autunno di un nuovo vigneto, Mariko, a Nagano.
“Il vino giapponese si sposa innegabilmente meglio rispetto agli altri vini con la cucina dell’arcipelago” assicura Nakamura Kazuaki. “Il vino Kôshû è eccellente col sushi e il sashimi, i vini rossi si sposano bene con la cucina famiglia giapponese, rappresentata ad esempio dal maiale allo zenzero o dal bue macinato. Siamo assolutamente convinti che il mercato stia ancora per estendersi e per progredire ulteriormente”.
A Kôshû e dintorni, sembra che tutta la popolazione locale vibri e viva al ritmo dell’uva, elevato al rango di autentica star locale. La fattoria Miura (www.miurayafarm.com), nel comune di Enzan, coltiva uva da tavola su circa due ettari. Una vita difficile ma piena di soddisfazioni secondo Miura Makoto, 47 anni. Ogni mattina si alza alle 4h. Da maggio a ottobre, sa che non potrà permettersi un solo giorno di riposo. “Tutto comincia nel momento in cui compaiono i primi grappoli. Devo sorvegliarli. Coltivo del Kyohô, del Peony, del Moscato.”