Come si svolgono le sue giornate al villaggio di Kodô?
S.Y.: Contrariamente agli apprendisti, i membri del gruppo non vivono in comunità ma in villaggi vicini e si recano quotidianamente al centro. Di solito mi sveglio presto, accompagno mia figlia alla scuola materna e arrivo al villaggio verso le 9:00 e provo dei pezzi con gli altri, lavorando in particolare su delle nuove composizioni. Il pranzo è alle 12:30, poi mi rimetto al lavoro fino alle 18:00 e rientro a casa. I membri più giovani continuano le prove tutta la sera, fino alle 22:00 e talvolta anche più tardi. Si esercitano letteralmente tutto il giorno. Bisogna anche tenere presente che passiamo soltanto circa un terzo dell’anno sull’isola di Sado. Tutto il resto del tempo è dedicato ai tour, nell’arcipelago o all’estero.
Quando si è trasferito per la prima volta sull’isola di Sado qual è stata la sua prima impressione?
S.Y.: Sono stato colpito dalla natura. È un luogo in cui la si può scoprire in maniera molto diretta. Il clima non è dei più favorevoli con le sue estati molto calde e i suoi inverni letteralmente glaciali, eppure è un luogo molto piacevole in cui vivere. Il mare è meraviglioso e di notte si possono vedere le stelle brillare alte nel cielo. Non esiste alcun filtro tra te e i fenomeni naturali che ti circondano. Tutto questo contribuisce a lasciarti delle sensazioni molto forti e particolarmente arricchenti. Dopo averci vissuto per un certo periodo, comunque, inizi ad accorgerti del netto conflitto tra un suo lato luminoso e quello oscuro. Mi ha colpito ad esempio la violenza con cui le onde ruggenti si infrangono sugli scogli, così come mi hanno colpito le grotte scure e profonde dell’isola.
Lei è originario dell’isola di Shikoku, la più piccola delle quattro principali isole del Giappone, che è comunque molto più grande rispetto a Sado. Quali sono le maggiori differenze tra le due?
S.Y.: La differenza principale è la pressoché totale assenza di neve a Shikoku. La prima volta che l’ho vista a Sado, non sapevo come comportarmi da quanto ero felice. In seguito, a forza di vederla tutti i giorni, il sentimento di meraviglia iniziale è finito per svanire. Dopo un po’ preghi soltanto che la neve sparisca (ride). Oltre a questo, più che le differenze, apprezzo il fatto che Sado e Shikoku abbiano conservato gran parte delle loro tradizioni: il matsuri (feste tradizionali) e la musica.
Il primo gruppo Kodô è stato creato da Den Tagayasu, perché ha scelto l’isola di Sado come base?
S.Y.: Il gruppo di Den, Ondekoza, si è installato a Sado all’inizio degli anni ’ 70 in un’epoca in cui molti giovani lasciavano l’isola per spostarsi nelle grandi metropoli. Den ha deciso di fondare una scuola consacrata allo studio delle arti e dei mestieri tradizionali giapponesi, attraverso cui voleva attirare dei giovani a Sado. Il gruppo di taiko è stato inizialmente creato al fine di raccogliere i fondi necessari alla costruzione di questa scuola. Den è partito all’inizio degli anni ’ 80 per lanciare un altro gruppo ed è in quel momento che gli Ondekoza di Sado sono diventati i Kodô.
Suppongo che il gruppo abbia instaurato un forte legame con l’isola.
S.Y.: La maggior parte delle persone che gravitano attorno alla band viene da altre regioni del Giappone, ma siamo tutti diventati membri attivi della comunità locale. Siamo tutti ispirati dall’ambiente naturale di Sado e dalle sue ricche tradizioni culturali. Per esempio, gli apprendisti del gruppo partecipano alle feste dei villaggi vicini, e l’apprendimento del rito attuale del tamburo del demone (ondeko ou onidaiko) insieme agli abitanti fa ormai parte del loro programma di studi.
La vostra band è conosciuta per la sua collaborazione con vari artisti e musicisti. L’anno prossimo presenterete un nuovo progetto chiamato NOVA(www.kodo.or.jp/ nova/en/), creato con il celebre regista canadese Robert Lepage. Come ha preso forma questa cooperazione?
S.Y.: Ci siamo incontrati per la prima volta quando Robert Lapage era a Niigata per presentare uno dei suoi progetti ed è venuto a farci visita sull’isola di Sado. A quanto pare, apprezzava la nostra musica da parecchi anni e abbiamo dunque subito deciso di progettare uno spettacolo insieme. Robert si è incaricato del concepimento dell’opera e noi della musica.
Che cosa può dirci di questo progetto?
S.Y.: Nel linguaggio astronomico “nova » è la “nuova stella”: questo lavoro si basa sull’idea della nascita dell’universo. Inizialmente è nata la flora, poi la fauna ed infine gli uomini. Questi ultimi si sono uniti in comunità, ma con le comunità vengono i conflitti e con i conflitti la distruzione a cui è seguita una rinascita, e il ciclo che ricomincia. È una sorta di opera filosofica in cui faremo ricorso alla tecnologia per unire musica e immagini. Di solito sono i musicisti che se ne occupano e che modulano i suoni in base alle figure rappresentate sullo schermo. Nel caso del progetto NOVA, sarà un computer a generare delle immagini in relazione alla musica che noi suoniamo. Attraverso questo lavoro vogliamo esprimere l’idea che scienza, tecnologia e spirito umano non sono necessariamente degli elementi antitetici. La tecnologia è di fatto un altro strumento per migliorare la nostra umanità.
Intervista realizzata da J. D.