Tradizione : C’era una volta il funazushi

Antenato del sushi che tanto apprezziamo oggi, questo piatto suscita da qualche tempo un rinnovato interesse.

Tokuyama Hiroaki propone un’autentica composizione artistica coi suoi funazushi. / © felipe ribon

Nel corso della storia il lago Biwa, a nord-est di Kyoto, ha fornito alla capitale medievale diversi prodotti d’acqua dolce, contribuendo così largamente ad arricchire la gastronomia kyotoita. Fra le specialità locali vi è un piatto leggendario: il funazushi, ossia l’antenato del sushi.
Il sushi così come lo conosciamo, a base di riso acetato e pesce, è una specialità relativamente recente: è nato all’epoca di Edo agli inizi del XIX secolo, si chiamava al tempo hayazushi, “sushi rapido”, per differenziarlo dal sushi già esistente, un sushi “a fermentazione”, che necessitava di una preparazione di diversi mesi.
Fino ad allora, infatti, il sushi era prima di tutto un metodo di conservazione per le proteine animali, tecnica comune a certe regioni del sud-est asiatico e del sud della Cina. I pesci, talvolta persino la carne, venivano salati e uniti a riso cotto, il che innescava il processo di fermentazione lattica. L’ingrediente impiegato e il tempo di fermentazione differiva a seconda delle regioni, ma la specialità esisteva già nell’VIII secolo, e ha continuato a esistere parallelamente al “nuovo sushi”.
Sulle rive del lago Biwa, ancora oggi, qualche laboratorio prepara il funazushi. Il pesce funa (pesce d’acqua dolce del genere carassius) e in particolare la specie nigorobuna, endemica del lago Biwa, è l’ingrediente base per questa ricetta. I pesci vengono pescati in primavera, poi svuotati delle interiora e puliti dalle squame. Li si riempie di sale e li si lascia marinare fino all’inizio dell’estate.
Vengono poi estratti dal sale, farciti e ricoperti di riso cotto, quindi si lascia agire la fermentazione lattica. Saranno pronti per la consumazione a fine novembre-inizio dicembre. Per la fermentazione sono così necessari otto o nove mesi.