Tradizione : C’era una volta il funazushi

La fermentazione del pesce dura mesi interi. / © felipe ribon

Il funazushi si degusta a fette sottili (ideale accompagnato col saké!)e si mangia anche la testa, che può essere servita a pezzettini, sul riso appena cotto sul quale viene versata dell’acqua calda. Questa tecnica produce un consommé istantaneo e naturale, che può poi essere aromatizzato col wasabi. Ideale per concludere il pasto su una nota dolce e serena. Il funazushi si conserva per un anno o due… e il suo gusto evolve in continuazione.
Se da qualche anno a questa parte l’immagine del funazushi è decisamente migliorata e la specialità figura persino fra le delizie gastronomiche del lago Biwa, non sempre è stato così. Il piatto era consumato esclusivamente a livello locale e il resto della popolazione non ne era particolarmente attirata…Qualcuno lo trovava disgustoso: perché forzarsi a mangiare del pesce fermentato, dal gusto acido e dall’odore pungente?
Per fortuna, la moda dei prodotti fermentati ha contribuito a ridare nuovo slancio al funazushi e gli sforzi effettuati in questo senso dagli stessi produttori non sono trascurabili. Uno dei precursori della rivalorizzazione di questo piatto tradizionale è Tokuyama Hiroaki: gestisce l’albergo-ristorante Tokuyama-zushi, sulle rive del lago Yogo, un laghetto collegato al Biwa, ed è considerato un esperto in materia. È famoso per il suo funazushi prelibato, grazie alla perfetta conoscenza del processo di fermentazione, e anche per aver osato associare il piatto a nuovi ingredienti, aprendolo a nuovi universi del gusto.
Sebbene sia cresciuto nella regione e, bambino, abbia visto suo padre confezionare il funazushi, non è questa la strada che scelse inizialmente. Cominciò col cimentarsi, come tutti, nella cucina giapponese tradizionale. Lavorando come cuoco, si accorse che il piatto tipico della regione era via via sempre più dimenticato. Incoraggiato da un ricercatore specializzato nella fermentazione lattica a preservare e sviluppare il savoir-faire legato al funazushi, decise, quattordici anni fa, di aprire un ristorante dedicato proprio a questo piatto. Agli inizi non è stato facile attirare la clientela. Malgrado le difficoltà dei primi tempi, ha saputo tuttavia sviluppare gradualmente il suo universo culinario combinando diversi metodi e variando gli ingredienti fermentati nelle diverse portate.
Ad esempio, nel suo ristorante serve il funazushi tagliato finemente, accompagnato da un filo di miele raccolto in montagna. Lo si degusta anche in versione “sandwich”: una fetta sottile di funazushi tra due fette di pane in stile pita.
Il momento del dessert riserva una sorpresa: il sorbetto di ii, il riso nel quale è stato fatto fermentare il pesce, la cui acidità crea un sapore prossimo a quello dello yogurt. Il risultato è piacevolmente fresco e al tempo stesso sorprendente ma assolutamente convincente grazie alla coerenza che orchestra tutto il pasto.