Molto ben radicato nella regione, il Kumamoto Nichinichi Shimbun difende con forza la sua identità locale.
La sede del Kumamoto Nichinichi Shimbun, Kumanichi nel linguaggio familiare, si trova ad una ventina di minuti dalla stazione di Kumamoto e non cerca in alcun modo di dare nell’occhio, vuole quasi fondersi con il paesaggio. Infatti, quando chiediamo al direttore responsabile, Araki Masahiro, di definire il giornale, ci spiega che la sua missione è “di essere il più vicino possibile alle persone” e “esplorare a fondo l’attualità locale”. Proprio per questo, nel corso dei suoi settantasette anni di attività, il quotidiano, nato nel 1942 su ordine del governo attraverso la fusione di Kyushu Nichinichi Shimbun e Kyushu Shimbun, è sempre riuscito a rispettare il suo impegno, imponendosi come una punto di riferimento nazionale quando si parla di giornali attenti alla popolazione locale. Anche il fatto che la prefettura di Kumamoto sia spesso presentata come “la terra dei giornalisti” può aver contribuito alla nomea del giornale. Un piccolo museo, ospitato in un immobile di proprietà del giornale, ci conferma non solo che molti nomi prestigiosi del giornalismo giapponese sono originari della regione, ma anche che la maggior parte di loro ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del giornalismo moderno in tutto l’Arcipelago.
Araki Masahiro, nel giornale dal 1983, è fiero di questa eredità. Per tutta la sua carriera non ha mai smesso di difendere la libertà d’informazione e di riportare la realtà, anche se talvolta fastidiosa per i dirigenti politici ed economici locali. La sua esperienza a capo della sede di Minamata, piccola città portuale settanta chilometri a sud di Kumamoto, l’ha sorretto nella decisione di seguire questa strada. La tragica storia della città, simbolo dello sviluppo economico costruito nel dopoguerra a spese dell’ambiente e della popolazione locale, è strettamente legata a quella del Kumamoto Nichinichi Shimbun. Oggi tutti conoscono la “malattia di Minamata” (Minamatabyo), ma quando per la prima volta, il 1 agosto 1954, il giornale denunciò l’impressionante aumento del numero di topi a seguito della moria “curiosa e imponente” dei gatti del piccolo paese di pescatori, nessuno immaginava di trovarsi davanti ad uno degli scandali più clamorosi della storia contemporanea del Giappone, su cui il quotidiano sarebbe stato l’avanguardia. Meno di due anni più tardi la “strana malattia” (kibyo) che aveva colpito i gatti passò agli umani, ma si dovette aspettare il settembre del 1968 perché le autorità riconoscessero che era legata all’inquinamento (kogaibyo), in particolare allo sversamento di mercurio in mare da parte dell’azienda chimica Chisso.