Tendenza : Tradizioni

In Giappone, l’arte e l’usanza di celebrare l’anno nuovo, sono sinonimi di riti culinari, e testimoniano che le tradizioni resistono, nonostante il passare del tempo.

L’ Ozoni della famiglia imperiale. Con un mochi rotondo, o kagami-mochi, tipico di Capodanno. / Sekiguchi Ryôko per Zoom Giappone

Si dice che la cucina giapponese sia la cucina dei riti, ebbene, questo è più che mai vero per quanto riguarda i piatti delle festività, tra i quali spicca l’Osechi, summa di queste delizie tradizionali.  Osechi deriva dalla parola sekku, con la quale venivano indicate le cinque festività rituali della corte imperiale, originarie della Cina, per celebrare i cambi di stagione. Solo la più importante di queste è sopravvissuta, quella di Capodanno. Il termine Osechi, con il tempo, ha iniziato a fare riferimento proprio al piatto che si serve quel giorno. Il rituale era già presente durante il periodo Nara (710-794), ma pare abbia acquisito la tendenza che conosciamo oggi tra la fine del XVIII° e l’inizio del  XIX° secolo. L’Osechi è costituito da circa una dozzina di piatti che si conservano e vengono consumati poco a poco durante i primi tre giorni dell’anno nuovo. A causa della sua origine rituale, ogni piatto o ingrediente è fortemente connesso ad un simbolo, come la fecondità, la felicità, la salute, la fortuna o la longevità, scelto per assonanza con il nome, il colore, la forma o la leggenda attribuitagli.  Tra gli ingredienti principali figurano le castagne, le uova di aringa, i kuromame (soia nera) e i gobo (radici di grandi bardane). Presenti anche le gomame (piccole sardine essiccate) e le datemaki (omelette arrotolate a base di uova e carne di pesce), poi i piatti grigliati o stufati e quelli marinati all’aceto, i cui ingredienti variano in base alle regioni, alle epoche e alle usanze delle famiglie. Un altro piatto è protagonista del Capodanno, oltre all’Osechi, è l’Ozoni, una sorta di zuppa servita con l’intento di condividere il pasto con le divinità. Il contenuto della zuppa cambia regionalmente, normalmente vi è il mochi (pasta di riso glutinoso), rotondo, rettangolare, grigliato oppure no, assente solo nelle regioni in cui il riso non è coltivato. Il brodo può essere preparato con la salsa di soia o miso, bianco e rosso, con dashi kombu, katsuo-bushi, niboshi (piccole sardine essiccate) o anche surume (totano secco). In aggiunta troviamo ogni sorta di ingrediente: pesce, pollo, anatra, igname, rape, carote, talvolta anche l’anko (marmellata di azuki dolci). L’ Ozoni presenta più varianti regionali rispetto all’ Osechi. Quindi, chiedere ad un giapponese quale tipo di Ozoni mangia, permette di indovinare la sua regione di origine. Anche un mix è possibile: se una donna di Kyoto sposa un uomo di Tokyo, per esempio, la famiglia potrebbe degustare una zuppa di miso bianco un giorno, e un brodo chiaro un altro.