SOCIETÀ : Hafu, l’altro Giappone

Flora Mitsushima ha partecipato al progetto Hâfu2Hâfu. © Miyazaki Tetsurô

Come Julie, Idriss Ariyoshi-Moulay è arrivato in Giappone recentemente. Figlio di un marocchino e di una giapponese, il trentaduenne si è trasferito a Tokyo nell’agosto dello scorso anno con la sua compagna marocchina. “Mi sono detto che avevo vissuto i miei primi trent’anni nel paese di mio padre, avevo voglia di vivere i trenta successivi in quello di mia madre.” Una decisione della quale non si pente. “Ho trovato facilmente lavoro. Tokyo mi piace molto, penso di poter restare qui a lungo.” Idriss non ha mai vissuto le esperienze negative affrontate da Julie. “Ho già sentito parlare di queste storie, ma non le ho vissute di persona. Sono andato a scuola in Marocco… E là mi chiamavano “la scimmia gialla!”
Condividere le proprie esperienze con altri, è, in molti casi, l’occasione di alleviare una solitudine pesante. Ma “è ancora difficile riunire gli hafu in Giappone” confida Edward. “La maggior parte di loro non vogliono accettare la loro diversità e voglio confondersi fra gli altri.”
All’inizio di settembre, una cinquantina di meticci giapponesi e le loro famiglie hanno risposto all’invito dell’ONG The Global Families, che milita per la diversità nelle famiglie. Il programma comprendeva la proiezione di un documentario sugli hafu, nel quale Edward forniva la sua testimonianza, seguita da una serie di dibattiti.
“Cerchiamo di installare una dinamica che permetta alle persone di incontrarsi, di rendersi conto che affrontano molto spesso le stesse difficoltà dovute allo choc culturale, questo è molto importante” spiega Awano Mizuki, organizzatrice e lei stessa mamma di due bambini franco-giapponesi.
Lungo tutta la giornata, si sono susseguite le testimonianze, spesso intervallate da momenti di grande emozione. Nel film, una coppia nippo-messicana racconta i difficili momenti affrontati a scuola dal proprio figlio, Alexis. Il bambino di dieci anni è finito in un vortice depressivo caratterizzato da cattivi risultati scolastici e chiusura in se stesso, a causa del sarcasmo dei compagni di classe. “Mi insultavano continuamente, mi trattavano come uno straniero, mi prendevano in giro, rifiutavano di fare amicizia con me”, spiega il ragazzino. Le situazioni di questo genere sono sovente affrontate maldestramente dal corpo insegnante.