Se la famiglia Iida non abita che a venti minuti di treno dalla frenetica stazione di Shibuya, il suo domicilio è un’autentica oasi di pace. “Oggi c’è il treno e numerosi alloggi, scuole, e ogni genere di edificio sorgono tutt’attorno. All’epoca di mio padre, sessant’anni fa, non c’erano tutte queste costruzioni. Semplicemente, c’era la collina e la mia casa di famiglia come poggiata sopra”, racconta l’architetto. Negli anni Cinquanta, la famiglia Iida viveva grazie alla terra. Coltivava verdure e frutti, soprattutto alberi di cachi, abbondanti nella zona. Ne restano d’altra parte alcune piante nel giardino della famosa dimora. “Quando è stagione, ne raccogliamo secchi interi.” Sebbene si rechi spesso a Roppongi per il lavoro, Iida-san ha tuttavia un solo desiderio la sera: ritrovare il suo quartiere e il suo angolo di tranquillità. Nel suo cuore, appartiene alla parte “inaka” del Giappone, la campagna. Non ama particolarmente gli spazi troppo urbanizzati, cittadini.
“Per il lavoro sono obbligato ad andare nei quartieri più animati della città, non ho scelta. Ma alla fine della giornata, soffoco. C’è troppa gente, troppo rumore. Non è quel che cerco, per me e per i miei figli.”
Così come Iida-san, sempre più giapponesi hanno voglia di cambiare le loro abitudini, di tentare nuovi modi di vita , più prossimi ai propri valori. Talvolta non esitano a rimboccarsi le maniche e a provare nuovi modelli economici per il futuro di tutte queste case abbandonate. In effetti, da qualche anno le associazioni si moltiplicano tanto nelle città, quanto nelle regioni più isolate.
A Takeda, nella prefettura di Oita, sull’isola di Kyushu, la municipalità ha deciso di affrontare il problema e incoraggia l’arrivo di nuovi abitanti, accogliendoli e mettendo a disposizione delle kominka, le caratteristiche case di legno giapponesi centenarie, rinnovate dopo essere state abbandonate. Dopo un periodo di prova, gli abitanti possono decidere di stabilirsi definitivamente nella città oppure no.
Oggi la città registra il miglior tasso di successo per il numero di nuovi residenti, grazie a 50 case vuote che hanno trovato nuovi proprietari. Altro esempio, nella città di Tsuroka, nella prefettura di Yamagata, nel nord-ovest dell’arcipelago, la creazione di un’ong accompagna i progetti di restauro dei proprietari o l’accoglienza dei nuovi arrivati.
“Quest’ultima soluzione è, secondo me, quella che dovrà essere più diffusa”, sottolinea Yoneyama Hidetaka. “È un esempio di organizzazione che funziona molto bene. Permette di seguire l’urgenza di progetti diversi e spalleggia i proprietari in difficoltà nella gestione di una di queste case, spesso frutto di un’eredità inattesa a cui non sanno come far fronte, beni di cui al tempo stesso non vogliono fare a meno, dato il loro valore sentimentale”.
Altri utilizzano le costruzioni a fini di business, per farne la sede di diverse iniziative imprenditoriali. Ne è un esempio il progetto My Room, nella prefettura di Nagano: dal 2010, ha permesso la trasformazione di 80 case vuote in caffè, negozi e atelier d’artista. Altri ancora scelgono di trasformare le vecchie case in ostelli della gioventù per i viaggiatori di passaggio, come a Onomichi, nella prefettura di Hiroshima. “Questo esempio resta tuttavia il meno redditizio di tutti i progetti citati finora”, precisa Yoneyama Hidetaka. “Va avanti grazie a un investimento di fondi raccolti per mezzo del crowfounding”. A Fuefuki, nella prefettura di Yamanashi, Hoyo Yoshie ha ugualmente compiuto la scelta di trasformare la sua kominka in hotel per turisti. Lasciata all’abbandono per circa dieci anni, ha riaperto le porte nel 2014 e ha ottenuto un discreto successo presso i viaggiatori stranieri. Il giovane di 29 anni che vive nella zona da tredici anni, ha aperto un secondo indirizzo nel giugno scorso. “Quando si pensa alle vecchie case in campagna, ci si dice spesso che sono decadenti, poco confortevoli” spiega il trentenne in un articolo apparso sul Japan Times a lui consacrato. “Ho messo molta cura nel restauro perché queste case abbiano stile, ritrovino un allure moderna e vantino i piaceri della vita in campagna, là dove vivo ormai con grande soddisfazione da tredici anni”.