Yokoo Tadanori, protagonista della scena artistica dell’epoca, in questa intervista ricorda i suoi anni nel mitico quartiere.
Grafico e pittore di fama internazionale, Yokoo Tadanori è celebre per le sue affiches dallo stile unico e inconfondibile. Benché abbia collaborato con le maggiori figure della nouvelle vague cinematografica e teatrale giapponese, il ruolo che lui ha giocato nella scena artistica della seconda metà degli anni sessanta è meno noto, per questo abbiamo chiesto di intervistarlo nel suo atelier, realizzato da Isozaki, nella periferia est di Tokyo.
Ha lasciato Kobe, la sua città natale, per Tokyo, nel 1960, nel momento clou delle prime manifestazioni contro il Trattato di Sicurezza nippo-americano (Anpo). Era impegnato nel movimento studentesco?
Yokoo Tadanori : All’epoca avevo già ventiquattro anni, lavoravo e non ero passato dall’ambiente universitario prima di lavorare. Era difficile per me capire la rabbia studentesca, e inoltre sarebbe apparso ipocrita da parte mia criticare l’establishment mentre realizzavo pubblicità per le grandi imprese (ride). In un certo senso eravamo la ballerina del capitalismo, sebbene Kamekura Yusaku, uno dei nostri capi, che più tardi ebbe l’incarico di fare i manifesti per i Giochi Olimpici di Tokyo insisteva perché prestassimo interesse a ciò che stava accadendo attorno a noi. Un giorno allora abbiamo preso tutti insieme un taxi e siamo andati al Parlamento dove si stava svolgendo una grande manifestazione. Era una roba matta, non capivo neanche ciò che stava accadendo, inoltre il giro mi valse un pollice rotto, cosa che mi ha impedito di lavorare per sei mesi!
Cosa è accaduto?
Y. T. : Abbiamo raggiunto il Parlamento così, senza pensare a niente, e una volta arrivati lì abbiamo scoperto un caos totale, con la polizia in tenuta anti-sommossa da una parte e gli studenti dall’altra. Bastoni di legno e tubi di ferro volavano ovunque, una ferita sarebbe stata facilmente possibile. Ci siamo ritrovati velocemente stretti tra gli studenti di destra e di sinistra, mentre stringevamo in mano un modesto cartello sul quale figurava una colomba bianca su un fondo blu, il simbolo della pace.