Ricordi : Yokoo, Oshima e gli altri

Copertina di un’edizione speciale di Kinema Junpo dell’agosto 1968, con l’attore Takakura Ken, firmata da Yokoo Tadanori. / collection Claude Leblanc

Ha lavorato anche come scenografo per la troupe di Terayama, Tenjo Sajiki, giusto?
Y. T. : Sì, è stato un lavoro interessante, ma dovevo costantemente combattere contro le ristrettezze di budget, non è durato molto perché non andavo d’accordo con Higashi Yutaka, il regista teatrale. Avevo una buona relazione con Terayama, ma era sempre troppo occupato a lavorare su nuovi progetti, a scrivere articoli o libri, e delegava la gestione quotidiana a Higashi che stava ancora terminando gli studi universitari. Abbiamo lavorato insieme sulle tre prime pièces di Tenjo Sajiki, ma ho avuto un alterco con Higashi mentre lavoravo sulla terza Kegawa no Mari , a quel punto ho lasciato, e anche Higashi poco dopo, nel 1968, ha fatto lo stesso per creare la sua propria compagnia, la Tokyo Kid Brothers.

Cosa è successo tra lei e Higashi ?
Y. T. : Ogni pièce era messa in scena in un luogo diverso. La prima, Aomori-ken no semushi otoko [Il gobbo di Aomori, 1967) è stata presentata al prestigioso Sogetsu Art Center dove si poteva incontrare anche Ono Yoko, il compositore Takemitsu Toru, il romanziere e drammaturgo Abe Kobo ed altri ancora. Dal conto loro, Oyama debuko no hanzai è stata montata al Suehiro-tei, l’ultimo teatro di vaudeville restante a Shinjuku, e Kegawa no Mari all’Art Theater Shinjuku Bunka. Il vero problema con Shinjuku Bunka era legato alla sua concezione, ovvero era stato concepito per la proiezione di film, e la cosiddetta scena era in realtà un luogo esiguo. Le mie scenografie erano troppo grandi, ma la colpa era di Higashi che non mi aveva dato le informazioni corrette. Quando ha voluto tagliare le mie opere con la sega, non ci ho più visto e me ne sono andato. Più tardi ho poi saputo che Miwa Akihiro, che recitava nella pièce, era riuscito a riparare i danni fatti all’ultimo minuto.

Il suo lavoro grafico di quel periodo è divenuto giustamente celebre, ha creato lo “style Yokoo” facilmente riconoscibile. Come si è sviluppato?
Y. T. : Come già detto, mi sono trasferito da Kobe a Tokyo nel 1960, dove ho lavorato per l’agenzia pubblicitaria Nippon Design Center, che difendeva il modernismo nel design giapponese. Venendo da un contesto molto diverso, non ero mai stato in contatto con queste nuove idee; ho deciso di usare le immagini e l’atmosfera provenienti dai miei ricordi d’infanzia, come le feste tradizionali (matsuri), il teatro di carta (kamishibai) che avevo adorato da piccolo, ma anche le toppe che mio padre adottivo incollava sui tessuti kimono che vendeva. Insomma, tutto il design pre-moderno che mi aveva circondato durante la mia giovinezza. Andavo chiaramente contro-corrente e i critici dell’epoca non mancavano di ricordarmelo. Chi credevi di essere negando così la nuova direzione della grafica giapponese? Il mio approccio è stato condiviso e adottato da Terayama, Mishima e altri intellettuali, oltre che dalle nuove generazioni. Paradossalmente il mio stile legato al mondo antico era considerato fresco.

Trova strano che gli studenti abbiano amato il suo lavoro?
Y. T. : Questi studenti erano considerati come i rappresentanti delle idee moderne e del progresso, ma paradossalmente, sono stati attirati dal mio universo legato al Giappone tradizionale. C’erano diverse contraddizioni in loro, da una parte uscivano dagli schemi e appartenevano a gruppi marxisti, dall’altra erano fan dell’attore Takakura Ken i cui film di yakuza rappresentavano valori tradizionali, quasi conservatori. Gli studenti dell’epoca avevano molta energia ma non sapevano cosa farsene .

E’ stato influenzato da un artista o da uno stile in particolare?
Y. T. : Vi sembrerà strano ma non amavo realmente il mondo della grafica, ero per lo più interessato al  cinema, alla letteratura, alla musica e al teatro, alla pittura. Ero principalmente interessato da ciò che arrivava dall’estero: la Pop art americana, la Nouvelle vague francese e il  Nuovo romanzo. Ciascuno di essi costituiva una fonte di ispirazione.

Parliamo ora del film Diario del ladro di Shinjuku (Shinjuku dorobo nikki), come è arrivato a lavorarci?
Y. T. : Non conoscevo bene Oshima, ma ero amico del suo cameraman, Yoshioka Yasuhiro. Amavo il cinema ma non avevo mai recitato; quando Yoshioka mi ha detto che Oshima sperava che lavorassi con lui. Ovviamente ne fui sorpreso, non pensavo di esserne all’altezza, ma evidentemente era proprio la mia mancanza di esperienza che lo aveva spinto a contattarmi. In effetti però non ero proprio adatto al ruolo…

Come mai?
Y. T. : All’inizio mi avevano detto che avrei partecipato ad un film d’azione con diverse sparatorie e che avrei interpretato un teppista, e questa cosa mi piaceva. Poi però Oshima mi ha spiegato che Diario del ladro di Shinjuku, sarebbe stato più adatto alla mia personalità, così per il film d’azione avevano scelto un altro attore. Certamente Diario del ladro poteva essere considerato come un simbolo della nouvelle vague, ma per me era meno interessante.