Ricordi : Yokoo, Oshima e gli altri

Copertina di Shukan Anpo, pubblicazione contro il trattato nippo-americano.

Rappresenta una testimonianza importante dell’epoca.
Y. T. : Sì, avevo trentadue anni io, immaginate un ragazzo trentenne che recita la parte di uno studente durante le manifestazioni contro il Trattato nippo-americano e la guerra del Vietnam? (ride) Non ero sicuro che potesse funzionare, poi mi sono detto che era comunque un’occasione unica e che se fosse andata male ci avrebbe rimesso il regista. Ho quindi accettato la parte, e Oshima, siccome non era particolarmente abile con le donne, mi aveva chiesto anche di trovargli un’attrice per il film. Ero fan di d’Asaoka Ruriko, all’epoca star dei film della Nikkatsu e reginetta del box-office, e così ho suggerito il suo nome. Negli ultimi anni era apparsa in oltre cento film, ma quando ha letto il soggetto ha declinato. Alla fine è stata scelta Yokoyama Rie, un’attrice che veniva dal teatro.

Si ricorda di qualche episodio particolare durante le riprese?
Y. T. : Con mia grande sorpresa il copione era pieno di pagine bianche. Infatti ogni giorno, dopo le riprese, Oshima scriveva qualche nuova pagina per l’indomani, in base anche a quello che era accaduto quel giorno. Nessuno, quindi, neanche il regista, sapeva come sarebbe finita la storia: si potrebbe definire improvvisazione permanente, penso fosse il modo per definire e fare i film secondo la nouvelle vague. Dopo sono apparse anche persone un po’ sinistre, come il regista Adachi Masao che ha poi raggiunto l’Armata Rossa Giapponese. Era come in un’altra dimensione; non sapevo cosa mi avrebbero chiesto di fare dopo, non ero un professionista, quindi non ero a mio agio neanche nell’imparare a memoria le battute in così poco tempo… facevo una gran fatica per ricordami tutto… Oshima non pretendeva mi ricordassi tutto a memoria e non era infastidito neanche dal mio accento della regione del Kansai.

Oshima era esigente in scena?

Y. T. : Lo era molto, con tutti, tranne che con me, forse perché non ero un professionista… magari temeva potessi lasciare il film se si fosse arrabbiato con me. Piuttosto era il suo assistente a prendersela con me se dimenticavo i dialoghi. Oshima in realtà era abbastanza indifferente, non ero la star del film e il vero protagonista era il quartiere di Shinjuku.

Una delle scene più celebri è quella in cui si fa prendere da Yokoyama dopo aver derubato dei libri nella libreria di Kinokuniya. Leggeva molto all’epoca?
Y. T. : Non molto! Ero talmente impegnato nel mio lavoro che non riuscivo ad aprire mai un libro. Li compravo, sì, con l’intenzione poi di leggerli. Comunque sia è stata una scena memorabile… Oshima mi ha detto di lanciarmi, scegliere dei libri dal negozio e uscire senza pagare… così ho cominciato a camminare senza sapere nemmeno dove fossero posizionate le telecamere. Ho scelto dei libri, ho preso la direzione delle scale, ma dovevo passare davanti alla cassa per uscire. Avevo davvero paura, nessuno, neanche i commessi, sapevano che stessimo girando un film! Solo il proprietario di Kinokuniya, Tanabe Moichi, ne era conoscenza. Credo che Oshima sia rimasto deluso che tutto sia andato bene, probabilmente si aspettava che fossi fermato o magari arrestato anche (ride).

Quali erano i suoi posti preferiti di Shinjuku ?
Y. T. : Andavo spesso a Najia, un bar frequentato da artisti e intellettuali, non bevevo ma mi piaceva chiacchierare con la proprietaria, la “mama-san”, che si chiamava Mariko, e intanto mangiare palline di riso o riso saltato. E poi osservavo gli avventori, una sorta di mafia culturale. Arrivava sempre il momento in cui iniziavano a litigare su un qualche argomento, e tutto finiva di solito in rissa.

Viveva già in periferia all’epoca?
Y. T. : Sì, esattamente dove vivo ora. Non amavo i trasporti pubblici, per cui per andare al lavoro o a Shinjuku prendevo il taxi, che mi costava una buona parte del mio stipendio, il resto era per ristoranti e moda (ride). Quando ripenso a quegli anni mi ricordo di un mix di paradiso e inferno. Tokyo era sul punto di esplodere, ma le persone non sembravano accorgersene, anzi, regnavano ottimismo e energia, una grande coesione collettiva. Dopo il 1970 l’atmosfera è decisamente mutata. Ciascuno ha iniziato a seguire la propria strada, il proprio individuale progetto, ma durante il periodo compreso tra il 1967 e il 1969 invece sembrava che tutti lavorassero con tutti e per tutti. Non credo si potrà rivivere un momento così, ma me lo auguro.

Intervista raccolta da G. S.