Reportage : La palla ovale per guarire

Dall’alto dei suoi 48,5 metri, la statua del Dai-Kannon domina la baia di Kamaishi. / Benjamin Parks per ZOOM Giappone

La prima cosa che si nota è che la struttura è stata edificata vicino alla foce del fiume, un posto assai pericoloso tenuto conto del rischio costante di tsunami. “In effetti, qui si trovavano le scuole elementari e medie” spiega Ichikawa Kaori. “Per fortuna tutti gli allievi avevano seguito un training in caso di catastrofe. Così, nel momento stesso in cui venne udita l’allerta tsunami, i ragazzi lasciarono le classi e i luoghi vicini prima che l’onda travolgesse gli edifici. Lo stadio è stato costruito qui in memoria della tragedia. Come potete constatare, una barriera anti-inondazioni è stata edificata per proteggere l’area dagli tsunami. Inoltre, dietro lo stadio, tre sentieri conducono alla sommità della collina e possono essere utilizzati come via d’emergenza. Non lontano dallo stadio è stata ricostruita la stazione. Dovrebbe essere pienamente operativa a partire dal marzo prossimo” ci spiega Kaori.
Di ritorno all’hotel, discuto con la giovane receptionist e le pongo alcune domande sui prossimi Mondiali. “La mia generazione non ha alcun ricordo dell’epoca in cui la squadra ha ottenuto i suoi premi” riconosce. “Non siamo cresciuti con un entusiasmo particolare nei confronti del rugby. Questo sport non fa particolarmente parte delle nostre vite”.
Aldilà della preferenza di ciascuno verso il rugby, il problema principale è che lo stadio è costato la bellezza di tre miliardi di yen, un fardello finanziario enorme per una città che si riprende appena dal disastro. “All’inizio, il progetto ha suscitato numerose critiche da parte di persone convinte che ci fossero priorità più importanti, servizi più urgenti da rimettere in moto” ammette Kaori. “Abbiamo però cominciato a ricevere sempre più messaggi di simpatia, solidarietà e incoraggiamento da tutto il Giappone e i biglietti per le due partite dei Mondiali si sono esauriti rapidamente. Alla fine, anche le persone contrarie alla costruzione dello stadio sembrano aver cambiato idea. Le generazioni più giovani non sanno nulla dei giorni di gloria del rugby a Kamaishi ma, per molti fra noi, l’importante è mostrare ai nostri figli che la città si sta rialzando e che loro di conseguenza potranno essere fieri di farne parte”.
L’indomani mattina mi inerpico su una delle colline che circondano Kamaishi per avere una vista migliore sulla città e sull’area colpita dallo tsunami. Dal mio punto di osservazione, posso scorgere il tempio Dai-Kannon, la cui statua alta 48,5 metri domina la baia.
Eretta nel 1970, la statua in cemento armato simboleggia la sicurezza marittima. Oggi, il suo biancore contrasta con le diverse sfumature di grigio del mare e del cielo nuvoloso.
In questa domenica il porto sembra calmo, ma quattro o cinque navi si sono riunite nelle acque profonde della baia. “Vengono probabilmente in zona a rifugiarsi” racconta il tassista che mi ha portato qui. “Meglio affrontare le intemperie qui che in mare aperto” dice, mentre il bollettino metereologico annuncia l’arrivo di un potente tifone. Succede talvolta che in Giappone si viva su una sorta di bomba a orologeria; questi ultimi anni sono stati segnati da numerose catastrofi, naturali o provocate dall’uomo.
Prima di salire sul treno che mi riporterà a casa, rivolgo un cenno di ammirazione al coraggio e alla determinazione degli abitanti di Kamaishi.
Jean Derome